La crisi economica è colpa della donna
L’economista scozzese Adam Smith introduceva la terza edizione della sua opera La ricchezza delle nazioni con la frase “tira più un pelo di figa che un carro di buoi” (“A pussy hair pulls much more than how strongly oxen (or horses) can pull a cart” – An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, 1786). Questo concetto getta le basi della crisi economica.
La filosofia che supporta le riflessioni di Adam Smith è tanto semplice quanto geniale. L’uomo vive la sua vita teso tra la necessità di procacciarsi una donna e il dovere di mantenerla. Se per ragioni indipendenti dalla sua volontà non può permettersi una donna o, al contrario, qualora sia appagato dal possesso della sua, l’organismo uomo rallenta le funzioni vitali e si lascia morire di inedia. Smette di curare l’aspetto fisico, non frequenta i locali preposti alle interazioni sociali e non acquista quei beni o servizi pensati per fare colpo sul gentil sesso. Una Z4 di seconda mano per esempio.
All’interno di questa teoria, gli anni del boom economico rappresentano il periodo in cui la donna ha raggiunto il massimo valore di mercato. Negli anni ottanta c’era una donna in ogni casa, molti uomini ne possedevano più di una e alcuni pagavano per noleggiarne di particolarmente avvenenti. L’affitto di ragazze splendide veniva considerato un simbolo del proprio prestigio sociale.
Durante gli anni novanta, la figura della donna si centralizza ulteriormente all’interno della nostra società. Sono gli anni degli sprechi durante i quali, donne ancora in buono stato venivano sostituite con altre più giovani. Il sistema economico mondiale, sempre più affamato, si saziava delle spese scriteriate compiute dai maschi per arrivare alla copula. Gioielleria, sartoria, ristorazione, turismo, erano i settori i cui beni prodotti venivano acquistati dall’uomo e donati direttamente alla donna in cambio di amore fisico ed emotivo. Collateralmente il fitness, l’industria automobilistica, il mercato immobiliare e le aziende per il trapianto di capelli venivano ingrassate da uomini bisognosi di colmare alcune lacune genetico evolutive, attraverso il proprio potere d’acquisto.
L’istituzionalizzazione della donna all’interno del sistema economico gettò le basi dell’attuale crisi economica. L’aumentare del potere d’acquisto femminile aumentò il loro costo di mercato. La donna che autonomamente poteva permettersi di comprare quei beni che fino al decennio precedente erano stati regalie degli uomini (gioielli, abiti, cene e viaggi), costava una cifra maggiore perché obbligava il maschio a superare il livello della sua autonomia. Oggi come prima, bisognava regalare alla donna qualcosa che non potesse comprarsi da sola, ma adesso la donna lavorava e guadagnava poco meno dell’uomo. Inoltre, la donna lavoratrice subì una svalutazione estetica in quanto doveva dedicare parte della sua giornata al lavoro sottraendo ore alla cura del proprio aspetto fisico. Allo stesso modo l’uomo, dovendo spendere una parte sempre più consistente del suo stipendio per i regali diretti alla donna, non si poteva più permettere quei beni che collateralmente servivano ad aumentare la propria fit riproduttiva. Da qui la crisi del mercato dell’auto, del mercato immobiliare e uomini che non potendo diventare belli diventano Hipster.
La nostra generazione non può permettersi l’acquisto di una casa perché ha speso tutto in aperitivi offerti a tipe che poi non gliel’hanno nemmeno data.
Alla fine degli anni novanta, primi anni del duemila, l’uomo appartenente alla media borghesia possedeva una donna mediocre che costava come una donna di lusso. La forbice dei redditi si era allargata: il 2% della popolazione manteneva l’accesso a donne di prima qualità mentre il restante 98% viveva nell’indigenza uterina.
Ovviamente l’intero impianto economico era destinato a crollare.
E così è stato.