Paul Gascoigne – gli 11 giocatori più appassionati d’alcol
– Paul Gascoigne (1967): centrocampista offensivo dotato di fisico, dribbling e istinto. Gazza è stato indubbiamente uno dei più grandi talenti inglesi post-George Best. Dotato di tanta fantasia in campo quanto di follia fuori, Gascoigne è il classico compagno di squadra che ognuno di noi vorrebbe avere. Imprevedibile, ma capace di sacrificarsi. Inaffidabile, ma generoso. Gazza era portatore di un talento puro che, stagione dopo stagione si è dissipato nella sua passione per birra e whisky. Detentore di un palmares non di certo eccezionale per le sue doti (discreti successi in Scozia con i Rangers di Glasgow e una Coppa d’Inghilterra con il Tottenham), Gascoigne ha attraversato il calcio italiano per l’arco di tre stagioni (alla Lazio di Cragnotti, dove arrivò per 15 miliardi di lire). Un arrivo fulminante, un passaggio discreto, un addio pressoché indolore. Se i tifosi laziali lo hanno eletto a idolo, la stampa italiana non lo ha mai amato. O meglio, ne ha sempre accentuato la verve ironico-vandalica e la predilezione per le pinte piuttosto che per le borracce di Gatorade. Soliti moralisti italioti, direte voi. Personalmente concordo. Dopo la Lazio e la parentesi vittoriosa ai Rangers, il lento avvicinarsi più alle cliniche di disintossicazione e salute mentale che alle palestre degli stadi di calcio.
Gli ultimi anni di Gascoigne sono un susseguirsi di notizie da tabloid piuttosto che di cronache sportive. L’impressione è quella di corvi che aleggiano attorno a un uomo in condizioni difficili che cerca soltanto di sopravvivere a se stesso. Quanto ciò possa valere per un certo tipo di stampa (ovvero poco) è cosa nota. Quanto ciò possa comunicare (ovvero disgusto) a chi, pur di un’altra fede, lo ha visto giocare, segnare, gigioneggiare e delirare, è un dato di fatto.
Good luck, Gazza!
Andrea Gratton
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