Sport

Gli otto stereotipi dello sportivo

Visto che l’Oltreuomo ha deciso di aprire un’improbabile rubrica sportiva, è bene porre alcuni paletti per differenziare questa sezione da una versione più simpatica e meno competente di gazzetta.it.

La rubrica sportiva dell’Oltreuomo è aperta a tutti, non solo a quelli che esperiscono una timida erezione mentre leggono il palinsesto di Sportitalia 2.

Per darvi un’idea di quanto sarà democratica e populista la futura sezione, ecco 7 stereotipi di pseudo-sportivi che ne rimarranno soddisfatti.

cronista

Tuttavia ci sono cose che solo la tv può offrire…

1) L’alternativo (ovvero “Sì, ma il rugby ha tutta un’altra filosofia”)

L’alternativo è quello che guarda stizzito i suoi amici mentre programmano una serata pizza+derby. Quando gli chiedono di unirsi, risponde di preferire rimanere a casa di fronte al posticipo della serie A2 di rugby.

Sì, perché l’alternativo caga il cazzo di continuo con la storia per cui il calcio è solo un  business (“Ricordati sempre: quando entrano i soldi, escono i valori”), mentre il rugby conserva intatti i propri principi sportivi.

Il rugbista è l'anello mancante tra l'uomo e l'armadio a quattro ante

Il rugbista è l’anello mancante tra l’uomo e l’armadio a quattro ante

Per questo trova interessante guardare 30 Neanderthal che si inseguono in un prato. Sente rinvigorire la propria mascolinità davanti a questi enormi bestioni fusi in ammucchiate dall’estetica vagamente omoerotica. Si rammarica di non essere con i suoi beniamini quando, a fine partita, si riuniranno a mangiare una pastasciutta e disquisire dell’ermeneutica heideggeriana durante il famoso terzo tempo.

2) Lo spaccone (ovvero “Noi a basket non ci lamentiamo mai”)

Anche lo spaccone disprezza il calcio, ma non ne è ossessionato. Per lui i pallonari sono degli smidollati che passano il tempo a lamentarsi con l’arbitro dei falli ricevuti, mentre nella NBA, nonostante sia lo spettacolo sportivo più imponente del mondo, tutti stanno zitti e giocano.

Il mito dello spaccone è LeBron James, di cui canta le lodi tramite la sua dialettica raffinata: “E’ potenza pura…cazzo….pura potenza…cazzo…cazzo…potenza…”.

Perché il basket è prima di tutto sobrietà

Perché il basket è prima di tutto sobrietà

Sì, perché anni e anni di partitelle nei campetti di periferia e l’insano feticismo per la NBA hanno modellato lo spaccone a immagine e somiglianza dei cestisti neri: muscoli pompati,  cronica carenza di congiuntivi e berretto da rapper sono la sua versione demelaninizzata delle star del basket americano.

Lo spaccone non ha compagni, ma fratelli. Non ha avversari, bensì nemici. Ed è per questo che la sua carriera si conclude sotto la tutela dei servizi sociali.

3) L’autistico (ovvero “….blup…”)

Durante la prima infanzia i pediatri consigliano alle mamme di iscrivere i figli ad un corso di nuoto per due motivi: a) favorire il sano sviluppo fisico; b) verificare le capacità psichiche.

Infatti il bambino normodotato, dopo sei mesi di vasche e cuffie in silicone sempre troppo strette, riesce ad appassionarsi anche alle danze tradizionali valdostane pur di cambiare sport e non mettere più piede in piscina.

L'importante è spacciarla per concentrazione

L’importante è spacciarla per concentrazione

Non tutti però ce la fanno. Una ristretta fetta di popolazione trova coinvolgente il percorrere centinaia di metri con il corpo in acqua e il vuoto in testa. La vita sociale di questi individui ne esce devastata: oltre alla repellente puzza di cloro che sempre li accompagna, l’encefalogramma piatto da cui sono caratterizzati rende quasi impossibili i rapporti interpersonali.

E’ proprio per questa scarsa attitudine al pensiero che l’autistico oppone un sorriso ottuso a qualsiasi domanda gli facciate e spesso pratica la professione di bagnino.

4) Le eterne ragazzine (ovvero “1, 2, 3…stellaaa!!”)

Come in molti sanno, la pallavolo maschile sta a quella femminile come il clan dei Casalesi sta ai ragazzi della via Pal.

Per tale disparità di potenza di fuoco e per il fatto che spesso le due squadre maturano sotto l’ombrello della stessa polisportiva, le pallavoliste crescono con il “complesso di Cenerentola”.

I motti delle pallavoliste: qualcosa a metà tra un haiku e una bestemmia

I motti delle pallavoliste: qualcosa a metà tra un haiku e una bestemmia

Questo fornisce una giustificazione psicopatologicamente plausibile al loro andare in fregola mentre assistono ai match della controparte maschile. Le pallavoliste si sentono le custodi di un focolare domestico fondato sul bagher e l’attacco dalla seconda linea. I loro improbabili motti scanditi a inizio partita si configurano quindi come il tentativo del branco di allontanare le ballerine di danza moderna, ovvero le dirette concorrenti nella corsa allo schiacciatore.

Nonostante le cosce-sequoia, riescono sovente nell’intento.

5) Gli asceti (ovvero “Non è solo uno sport”)

Le palestre di arti marziali sono zeppe di quarantenni che, per superare lo stress del divorzio, passano il proprio tempo a cercare l’Essere dentro l’Io del Me perso nell’Uno e Uguale. Insomma, facendo a botte.

L’asceta condisce questa fissazione per le discipline da combattimento con coraggiosi menu a base di tofu ed esercizi di meditazione improvvisati nel salotto del suo piccolo monolocale.

Foto in spiaggia a Fregene: un classico del new age de noantri

Foto in spiaggia a Fregene: un classico del new age de noantri

Senza il muay thai o l’aikido probabilmente si sarebbe arruolato in qualche milizia neofascista. Perciò lo Stato ha un enorme debito di riconoscenza nei confronti di tutti i contadini thailandesi arrivati sul suolo italiano spacciandosi Gran Maestri di una qualche arte marziale ancora sconosciuta in occidente.

Quando si parla di cooperazione allo sviluppo, ci si riferisce a qualcosa del genere.

6) La figa di legno (ovvero “Vivo per la danza”)

La figa di legno risponde allo shock culturale esperito nello scoprire che il video del Lago dei Cigni non è in rotazione su Mtv vantando una presunta superiorità culturale.

In camera, nonostante stia per compiere il suo ventottesimo compleanno, ha appeso un poster di Carla Fracci. Da una decina d’anni sta insieme allo stesso ragazzo lobotomizzato. La loro relazione si basa sul comune accordo per cui il sesso è una pratica da sbrigare a cadenza bisettimanale e le ballerine di danza hip-hop sono tutte troie.

Le Ballerine di Degas sono state almeno una volta la foto profilo della figa di legno

Le Ballerine di Degas sono state almeno una volta la foto profilo della figa di legno

La figa di legno ama partecipare a riunioni familiari con le zie in cui mostra le foto della sua ultima esibizione. La sua incrollabile concezione tutù-centrica del mondo la porta ad iscriversi a gruppi Facebook come ***-Danza Classica, che Passione-*** e CoNcOrSi DaNzA cLaSsIcA, dove può socializzare con altre sue pari e condividere le immagini dei propri peluches.

Inutile precisare che, oltre alla sconfinata autostima, l’unico sentimento a scaldare il cuore della figa di legno è l’esibizionismo per cui cammina sulle punte anche al supermercato.

7) Lo scoppiato (ovvero “Sulla parete ci siamo solo io e la montagna”)

Lo scoppiato è essenzialmente uno scalatore. Non un semplice amatore della domenica che si inerpica su pareti impossibili solo per verificare l’efficienza del soccorso alpino, ma un vero e proprio amante dell’estremo.

Lo scoppiato conduce una vita apparentemente normale e solo di fronte alle avversità della natura l’adrenalina lo percorre come un fiume in piena. I turisti della montagna guardano basiti quest’uomo che, a 3000 metri d’altezza, banchetta pane e formaggio insieme agli stambecchi e dorme nudo sui ghiacciai.

Lo scoppiato, nei rari momenti in cui non rischia la vita, legge libri di Mauro Corona

Lo scoppiato, nei rari momenti in cui non rischia la vita, legge libri di Mauro Corona

Una volta sceso in pianura lo scoppiato vive una fase di down, che coincide con l’hangover dovuto alla sbronza presa la notte prima al rifugio insieme ad altre bestie della sua specie.

Solo quando giunge a casa carica su Facebook le foto delle proprie peripezie, condendole con commenti riportanti le sensazioni epiche ed elementari che avrebbe certamente provato, se non avesse avuto il fegato fradicio di Cabernet.

8) Il sottoproletario (“Volevo giocare nel Milan”)

La strada delle serie minori è lastricata di aspiranti campioni. Il calcio, in Italia, è come la puntualità in Svizzera o l’omosessualità in Vaticano: un obbligo.

Per questo migliaia di calciatori dilettanti si ostinano a prendersi a botte nei campetti di campagne e periferie.

Quando si gioca in un campo del genere, il momento di smettere è già passato da un pezzo (Credit: Claudio Testa)

Quando si gioca in un campo del genere, il momento di smettere è già passato da un pezzo (credit: Claudio Testa)

La loro parabola solitamente comincia con un padre che si è stancato di acquistare l’abbonamento Sky e vuole iniziare ad entrare gratis allo stadio. Subito iscrive il figlio alla scuola calcio, con la speranza di garantirsi un posto nella tribuna di qualche big del campionato negli anni a venire.

Crescono così tanti piccoli analfabeti. Ragazzini convinti di poter diventare Totti nonostante fatichino a inquadrare la porta di casa. La loro vita segue l’infinita traiettoria allenamento-partita-sbronza, fino al momento del ritiro, quando faranno l’abbonamento a Sky e, di conseguenza, un figlio.

Dom Kavka

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