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Giochi da tavolo che mi hanno insegnato a vivere

L’Oltreuomo del 2022 racconterà di quanto il Nintendo DS lo abbia reso una persona arguta e smaliziata. Io, di fronte alla PSP del mio cuginetto, mi chiedo dove si appoggino le pedine. Anche nella mia infanzia c’è stato spazio per i videogiochi, ma si chiamavano consolle e pesavano come un tomo Treccani. I giochi da tavolo hanno invece forgiato la mia personalità. Ancora oggi mi stupisco di come dei passatempi senza un paio di tette o un culo abbiano suscitato tanto il mio interesse. Eppure è successo. Come è successo che il signor Ravensburger abbia occupato, nel mio immaginario di bambino, il ruolo che da adolescente avrei assegnato a Hugh Hefner: quello di un Oltreuomo che ha in casa tutti i giocattoli che vorrei. Ecco allora come i giochi da tavolo hanno modellato, molto più delle conigliette di Playboy, la mia personalità.

# Non t’arrabbiare

Non il più noto tra i giochi da tavolo, certamente uno dei miei preferiti. La bravura non c’entra, conta solo la fortuna. Così, mentre io vincevo con la sola forza dei dadi, amichetti più intelligenti di me conoscevano il sapore delle prime bestemmie. Loro hanno capito che nella vita serve anche parecchio culo, io ho scoperto quanto piacere dà la rabbia altrui. La fortuna non bacia gli audaci, ma chi le pare. A tutti gli altri non resta che smadonnare.

# Monopoli

Il Monopoli mi ha insegnato più degli anni di università (ed è costato meno). Lì ho compreso che il capitalismo non rappresenta l’unico sistema possibile, ma è certamente il più divertente. Dal Monopoli ho imparato che non si può pretendere fin da subito una casa in Parco della Vittoria, ma un tre stelle con vista in via Marco Polo ti può aprire molte porte. Così è nata anche la mia antipatia per le Ferrovie dello Stato, un’azienda che in regime di libero mercato verrebbe spazzata via. Dal Monopoli ho anche appreso cosa sono un’ipoteca e una cedola. Ho assaggiato la vergogna di vendere la propria casa e l’estasi di possedere mezzo paese (centrale elettrica compresa). Non troverò mai più un gioco così attuale da insegnare che le banche sono peggio del carcere, anche se certamente le due cose sono connesse. Le 20.000 lire quando si passa dal “Via!” pare non le diano più, ma di Probabilità e Imprevisti è piena la vita. L’unica cosa che anche mi sfugge è: perché dovrei assomigliare a una zucca o una candela?

# Scarabeo

A Scarabeo non ho mai giocato. Tuttavia da questo passatempo per vecchie zie in menopausa ho appreso che a contare non è solo il contenuto, ma anche il mezzo. Se metti Scarabeo su uno smartphone diventa Ruzzle e ci giocano tutti. Se metti un cretino dentro una Porche diventa un tamarro e scopa un sacco.

# Indovina chi?

Sono nato e cresciuto in un piccolo paese di campagna, dove i volti avevano i tratti rassicuranti del lavoro contadino e degli incesti mal occultati. Ma la scarsa variabilità fenotipica non mi è mai dispiaciuta, perché in fondo mi ritenevo fortunato. Il resto del mondo, mi insegnò Indovina chi?, era peggio: lo abitano avanzi di galera come Bernard, pedofili in stile 70’s alla Alfred e quel travione di Susan.

# La scacchiera

Ad ogni ritrovo con i cuginetti sbuca una scacchiera multiuso. In base all’utilizzo che si decide di farne, è possibile riconoscere il proprio Q.I. Il più intelligente gioca a scacchi, il normodotato a dama, l’autistico a backgammon e il ritardato a tria. Poi il mio cugino più grande ha rubato la Barbie a sua sorella, l’ha distesa sulla scacchiera e ci ha fatto salire sopra il cavallo. Prima o poi l’infanzia deve pur finire.

# Trivial Pursuit

Trivail Pursuit è stato forse il più ingannevole dei giochi da tavolo. Dava l’illusione che bastasse sapere con quali stati confina la Costa Rica per avere una vita piena di successi. Ma mi ha anche mostrato come, di fronte a grosse difficoltà, siamo in pochi a resistere. Dopo la domanda sui Gurkha nepalesi a voler giocare rimanevamo in tre. Così, mentre gli altri si attrezzavano con conoscenze utili per affrontare la vita, noi inseguivamo la Laurea Verde (Natura e Scienza).

# Risiko!

Risiko!, come Monopoli, è uno di quei giochi a cui devo tutto, non solo la conoscenza approfondita della geografia politica di metà Ottocento. Ho capito che nella vita bisogna avere degli obiettivi, ma non sempre possiamo sceglierli. E per raggiungere i propri scopi non basta un singolo colpo di fortuna, ma intere nottate di veglia e qualche buona combinazione di carte-territorio. Risiko! mi ha insegnato anche che, nonostante la sua cultura millenaria, l’Europa Meridionale non mi darà più armate della Papua Nuova Guinea. Rispetto per l’altro (anche se le Armate Viola sono un po’ da effeminati), determinazione, capacità di giudizio. Il Risiko! può benissimo sostituire un papà.

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