Mappe

La mappa delle birre più bevute nelle regioni italiane

La birra è come l’aspirina: va bene un po’ per tutto. Però le birre non sono tutte uguali. Ognuno ha la sua preferita. Ogni regione della nostra penisola è dominata da un marchio. Qui non trovate solo la mappa delle birre di maggior successo nelle varie regioni italiane. Sotto l’immagine c’è anche una breve spiegazione fasullo-sociologica del perché un’area geografica preferisca una birra e non un’altra.

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1664 (Valle d’Aosta): Una birra francese discreta proprio come i valdostani. E’ l’unico marchio disponibile nei quattro bar di Aosta.

MORETTI (Piemonte): Birra decisa, perfetta per i riservati e laboriosi piemontesi. Il baffo Moretti è anche il marchio preferito dai nostalgici di Re Umberto.

DAHLBERG (Liguria): Con i suoi 0,45€ a lattina la Dahlberg, front-runner della scuderia In’s, riesce ad appagare più l’avarizia che le papille gustative del popolo ligure.

RADLER (Lombardia): Terra di hipster, designer e biciclette a scatto fisso, la Lombardia è la regione italiana a più alta concentrazione di cose inutili. La Radler, un incesto tra birra e bibita analcolica, è una di queste.

HB (Trentino Alto-Adige): Tir di birra bavarese sono la destinazione finale dei milioni di euro che ogni anno lo Stato regala agli altoatesini perché facciano almeno finta di essere un po’ italiani.

CASTELLO (Friuli): Birra rustica come le tradizioni medievali ancora in vigore nella provincia di Udine. “Birra Castello, sponsor ufficiale del vostro Ius Primae Noctis”.

LASKO (Confine italo-sloveno): Questo marchio produce il 70% del PIL sloveno. Medicina contro il clima albionico della provincia di Gorizia si fa precedere dal detto “Bevo Lasko finché casco”.

PEDAVENA (Veneto libero): L’ottimo rapporto qualità-prezzo fanno della Pedavena la miglior candidata a diventare la birra nazional-popolare del neonato stato veneto.

HEINEKEN (Emilia-Romagna): Geneticamente votati al lambrusco, gli emiliani fingono interesse per questo marchio nella speranza che l’Heineken Jammin’ Festival ritorni presto a Imola.

Birre artigianali (Marche-Umbria-Abruzzo): Regioni con una qualità della vita alta come queste non possono che viziarsi anche in campo alcolico.

NASTRO AZZURRO (Toscana): Marchio che eccelle nel marketing, proprio come piace a Renzi. Per quanto riguarda il gusto, democristianamente diremo che abbiamo assaggiato birre migliori.

FRANZISKANER (Lazio): Marchio che funge da trait d’union tra le gerarchie ecclesiastiche, tradizionalmente più legate al vino, e il mondo dei birrifici. Il collo della bottiglia ricoperto da un foglio dorato è invece un omaggio al supercafonal capitolino.

COCA-COLA (Molise): Il Molise è l’amico sfigato che in birreria ordina “Una Coca piccola, grazie. Senza ghiaccio e con una fettina di limone.”

PERONI (Sud Italia): Il Meridione è rigidamente monoteista in fatto di birre. Un’ortodossia motivata dal ricordo felice che le peroncine a 1€ lasciano anche ai settentrionali in vacanza al Sud. Come urlò un lealista napoletano all’entrata di Garibaldi in città: “Hai abbattuto i Borboni, ma non sconfiggerai le Peroni!”

SANS SOUCI (Sicilia): La Sans Souci ha conquistato i fegati dei siciliani non tanto con il suo gusto discutibile, quanto con la promessa di relax e quiete insita nel suo nome.

ICHNUSA (Sardegna): Perché se avessi affibbiato ai sardi una birra diversa da quella autoctona mi avrebbero sgozzato come un capretto.

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