Musica

Kurt Cobain è vivo. Ce l’ho io nel bagagliaio della mia Alfa.

In un mondo in cui il Papa viene doppiato da Teo Teocoli che imita Daniel Fonseca, noi giovani trentenni (un ossimoro, se solo l’avessimo pronunciato una decina d’anni fa) ci troviamo disorientati, frastornati, senza appigli. A volte anche cercare di “ritrovare se stessi” ascoltando la radio diventa pressoché impossibile, a patto che non ci si adatti e ci si conformizzi al Grande Fratello delle opinioni, dei gusti, degli usi e dei costumi.

Schiacciati tra una coda ai centri d’impiego, un’altra al supermercato con la tessera fedeltà per uno sconto del 5% sul latte quasi scaduto di terza scelta, una per pagare il ticket sanitario, un’altra per il biglietto dell’autostrada, l’Unione Sovietica sembra sempre più spesso un faro delle libertà individuali e dell’intraprendenza dei singoli.

Tutto questo sfocia in una grande ansia, ed alla mitizzazione del “si stava meglio quando si stava peggio”, quando i problemi erano a misura d’uomo, quando non ti scoppiavano le coronarie per una rampa di scale fatte di corsa, quando il calcetto non era religione di stato e quando ti sembrava che Che Guevara e Zapata fossero esempi da seguire, e non Nietzsche, Kafka o Dostoevskij.

Spesso mi è capitato di chiedermi “se dovessi immaginare il gruppo che meglio ci rappresenta come generazione, quale sceglierei?”.

Il nostro corpo è composto per la quasi totalità da acqua, e questo è un assioma da noi conosciuto fin dalla più tenera età: a questo pensavo quando in sottofondo si è sentita incominciare “Jesus doesn’t want me for sunbeam” dei Vaselines fatta in unplugged dai Nirvana. Tutto ad un tratto sulla chiassosa sala del pub in cui mi trovavo in un freddo inverno dell’Oltrepò pavese è calato un rispettoso, quasi surreale, silenzio. Ecco la risposta alla mia domanda esistenziale servita assieme ad un panino speck e brie: i Nirvana.

Ho avuto un rapporto parecchio conflittuale con questo gruppo, un odi et amo catulliano per antonomasia (questa l’ho cercata su wikipedia…). Da teenager rasentavo l’idolatria: avevo la maglietta di Kurt Cobain con tanto di data di nascita e di morte scritti in rosso, ovviamente tutta la discografia masterizzata come ogni buon squattrinato che si rispetti, e intraprendevo vere e proprie battaglie ideologiche e di principio contro quelli più grandi (e musicalmente più navigati) di me. Questi ultimi sostenevano che fossero solo un gruppo per ragazzini, e che se Cobain fosse assomigliato a Galeazzi probabilmente sarebbero andati a fare i cassieri al 7/11 o da Starbucks per il resto della loro vita.

Passati i venti, ho fatto il famoso salto della barricata, facendo mia tutta la linea argomentativa dei miei ex acerrimi nemici musicali, e sostenendo inoltre che i veri movimenti musicali “antagonisti” ed “indipendenti” (paroloni da riempirsi la bocca) fossero tutt’altri. Erano gli anni in cui il Cross-over (in particolar modo nella sua accezione Nu-metal) era nato e stava vivendo il suo momento d’oro, salvo poi essersi svegliato freddo anche lui un giorno, ma questa è un’altra storia.

Ora ho trovato nei loro confronti una forma di equilibrio più o meno precario, e riconosco che essi siano stati per me e per tutti quelli che hanno vissuto gli anni ’90 da adolescenti introspettivi/tormentati/sfigati, un pezzo importante della propria vita. Erano una delle poche baie a cui poter approdare per sentirsi in compagnia di altri incompresi, che non avevano l’Arbre Magique all’aroma ferormoni come i rampanti “maschi alfa” più grandi, ai quali le coetanee si concedevano con disarmante disinvoltura.

Però, da cinico iconoclasta e nichilista quale sono diventato (forgiato dalle mie disavventure adolescenziali) trovo irritante tutta questa aurea di idolatria che molti dei miei più o meno coetanei costruiscono attorno a questo gruppo, e alla figura di Kurt Cobain in particolare. L’assomiglianza tra Cobain e Gesù Cristo non fa di lui un Salvatore, benché per trasposizione di ruoli faccia di Novoselic e di Grohl due ladroni (ovviamente Novoselic è il ladrone buono, ha un faccione che mi fa pisciare dal ridere! Gli voglio quasi bene…).

Uno dei fattori che ha fatto reso i Nirvana una delle band idolo del movimento Grunge è stata la prematura morte del suo frontman, e per diretta conseguenza del gruppo stesso. Tutto questo ha permesso di finire col botto (ok, anche in quel senso…) senza doversi davvero confrontare con l’impietoso logorio del tempo, come altre band hanno fatto e di cui pagano tuttora il prezzo.

La remota possibilità che col passare degli anni e dei quattrini si sarebbero potuti trasformare in una sorta di pop band come i Foo Fighters di Dave Grohl (l’ex componente che meglio è riuscito a capitalizzare l’eredità “Nirvana”) vi confesso che mi schifa e mi terrorizza.

Dunque, benché io sia uno strenuo difensore della “fazione Alice in Chains”, ai Nirvana riconosco di aver dato molto al Grunge, e che per la cultura pop dei nostri anni siano in qualche modo l’impersonificazione di un genere tra i più variegati ed introversi mai esistiti. Questo rende i Nirvana un gruppo attuale, e l’Unplugged in New York che di tanto in tanto mi ascolto in macchina fa si che per me Kurt Cobain sia sempre vivo, nel bagagliaio della mia Alfa appunto.

   Diego “Supergiovane” Bernini

WIDGET 1

Vuoi essere stalkerizzato dall'Oltreuomo?
ISCRIVITI al nostro canale TELEGRAM @OltreuomoBlog