Il supermercato
Dopo le Invasioni Barbariche (il programma della Bignardi, beninteso), le grandi pandemie, gli album degli One Direction e le foto di Umberto Smaila e Giampiero Galeazzi in canoa, la cosa più deleteria per l’uomo occidentale è stata il concetto di “Tempo Libero”. Vorrei anticipare che il concetto di Tempo Libero nulla ha che vedere con il dignitosissimo (e necessario) otium latino, il quale prevedeva una sorta di compensazione intellettual-ricreativa dopo le fatiche del negotium, ovvero la doverosa pratica lavorativa (pratica che, come i panda in Cina, è in via d’estinzione nelle moderne società occidentali). Detto questo, la nascita del concetto di Tempo Libero ha fatto sì che all’uomo occidentale non fosse più concessa la sacrosanta libertà di “annoiarsi”. Libertà che iniziò a essere vista in cattiva luce da qualsiasi essere umano integrato e produttivo, il quale smise di parlare di ozio (per altro, vi rendete conto della bellezza del verbo “oziare”? – Cos’hai fatto ieri sera dopo lavoro? -; -Ho oziato! – e subito sale alla mente l’immagine di un Lord Inglese intento a bere del Brandy davanti a un camino con la vestaglia di seta e il libro di Charles Dickens in mano. Oppure un semplice ragazzo di paese, che va a farsi una pinta di birra al bar con gli amici. Un po’ come lui:
(in questa clip vediamo il sobrio e oziante Begbie intervenire pacatamente per sedare una rissa tra ubriachi)
e iniziò, invece, a parlare di Tempo Libero. Il concetto di Tempo Libero, va detto con forza, è estremamente pericoloso. Soprattutto a livello semantico. La “libertà” associata commercialmente al tempo, infatti, presuppone una sorta di necessità di “riempimento”. Ovvero un’azione che miri a colmare il vuoto lasciato nel tempo stesso dal supposto eccesso di libertà. In soldoni, il tempo non è più fine a se stesso, bensì alla necessità di essere “utilizzato” in qualche modo. Il tutto in virtù della sua libertà. Altresì sarebbe “tempo sprecato”. Perché chi non volge commercialmente a proprio favore il concetto stesso di “libertà” è qualcuno che sta sprecando la possibilità commerciale datagli. Insomma, nella società occidentale vigente, un individuo del genere è tanto inutile quanto un buco di culo sul gomito (cit.), oppure come un cappello da Cowboy al di fuori del Texas.
(in questo video Tarantino documenta il dramma del lavoro a chiamata per i buttafuori dei locali di striptease)
La necessità di riempire il Tempo Libero, quindi, ha dato il là a tutta una serie di pratiche che, ben lungi dall’essere rilassanti, finiscono con lo stressare ancor di più la vita dell’uomo occidentale medio. Là dove una volta vi era tutto ozio e campagna, ora vi è un susseguirsi di appuntamenti, palestre, corsi di yoga, serate ricreative, velleità artistiche e via dicendo. Attività che non vengono più svolte per il piacere (?) in sé, bensì per il bisogno malato di riempire il suddetto Tempo Libero. Personalmente, restando fedele al secondo principio della termodinamica, continuo a credere che ogni attività accessoria crei più caos di quello precedentemente presente in natura. Ne sono testimonianza le lussazioni a calcetto, le risse post-sbronza e i servizi di piatti scagliati in testa dopo le avventure extra-coniugali. Detto questo, tra tutte le attività che l’uomo occidentale predilige svolgere nel suo Tempo Libero ve n’è una che, per diffusione e delirio, le supera tutte di gran lunga: andare al supermercato.
Pur odiando questa pratica, per questioni economico-alimentari passo diverse ore all’interno di un supermercato. Cosa che, se deprecabile da un certo punto di vista (il mio, in sostanza), è altresì utile per farsi un’idea della fauna che lo popola. Fauna che vorrei esporre alla vostra attenzione, confidando sul fatto che sì, che qualsiasi frequentatore di supermercato (e non solo nel Tempo Libero) ha sicuramente incontrato nella sua vita i seguenti tipi umani:
– L’Economista: vi è mai capitato di vedere qualcuno aggirarsi per le corsie di un supermercato con calcolatrice/smartphone in mano segnando minuziosamente ogni singolo prezzo, spesso confrontandolo con i volantini promozionali di altri supermercati? Bene, quello è l’Economista. Vi sono diversi tipi di economisti, alcuni puntano sulla quantità (sono i maghi del 3×2), altri sul costo e sulla percentuale di sconto. L’Economista calcola ogni cosa. Verifica l’approssimazione millesimale di ogni prezzo. Controlla meticolosamente le regole d’ingaggio di ogni raccolta punti finalizzata a vincere il servizio di bicchieri in vetro soffiato. L’Economista non ha nessun problema di carattere economico. L’Economista rompe le palle per principio. Se per una qualche ragione il prezzo del prodotto è diverso di 2 centesimi rispetto a quello segnalato, l’Economista lo farà notare agli inservienti, pretendendo un rimborso e stigmatizzando il tentativo di “fregarlo”. L’Economista blocca le casse perché, alla fine della spesa, deve controllare attentamente se i suoi conti corrispondono con quelli della malcapitata cassiera. Sogna segretamente di scoprire l’algoritmo che regola le variazioni di prezzo di ogni ipermercato, così da anticipare/prevenire ogni aumento. Morirà ricordando i bei tempi andati in cui le borse di plastica erano gratis.
– Il “Filini”: nella spietata giungla del consumismo occidentale ogni brand ha necessità di rinnovarsi in continuazione. Ecco perché, spesso, prodotti che erano in vendita fino a pochi mesi fa, non lo sono più. E parliamo di mesi, mica di decenni. Bene, il “Filini” è quel cliente che, come Filini all’Ippopotamo, è convinto si trovi ancora in circolazione la Prunella Ballor
(alzi la mano chi non ha passato un’adolescenza intera ricercando la Prunella Ballor!)
e, fedele ai ricordi del suo Tempo Perduto, smadonna convinto che certi prodotti siano ancora in circolazione nonostante siano usciti dall’assortimento con la caduta del muro di Berlino. Le frasi ricorrenti che il “Filini” di turno ripete nel tentativo di portare a compimento la sua missione sono le seguenti: «La scorsa settimana c’era!» oppure «In quel negozio l’ho pur trovato!». Non rendendosi conto che “la scorsa settimana” indica un lasso di tempo di svariati decenni, mentre la locuzione “in quel negozio” è riferibile a un luogo ignoto presente soltanto nella sua mente. Il “Filini” brama con ardore un mondo popolato da fustini di Dixan con dentro gli orologi di plastica Enrico Coveri. È intimamente convinto che, alle sue spalle, stia prendendo atto una cospirazione dei grandi gruppi della GDO con la partecipazione dei Massoni, del Bilderberg e di Peppa Pig.
– L’Umarell: banalmente potremmo dire che l’Umarell (per la definizione più corretta di Umarell rimando a questa pagina: http://umarells.wordpress.com/) è quello che la nostra spietata e giovanilistica società chiama “Vecchio Bacucco” o “Anzianotti”. In realtà il concetto di Umarell è ben più profondo. L’Umarell è una condizione dello spirito che, seppur più frequente nelle persone anziane, è ben riscontrabile anche in individui giovani o in uomini di mezz’età. Per queste persone il supermercato è una vera e propria Terra Promessa. Un Eden capace di soppiantare di gran lunga la bocciofila, l’ospizio, il bar di paese e i cantieri stradali. Fresco d’estate e caldo d’inverno, spesso dotato di una farmacia interna, il supermercato è il luogo prediletto per l’Umarell, che passa gran parte della sua giornata vagando senza meta tra le corsie. Osservando i prodotti al suo interno in una sorta di attitudine maniaco-depressiva che ondeggia tra lo stupore per le novità commerciali introdotte e la disperazione per l’assenza di prodotti che gli ricordino gli anni ruggenti in cui vi era una sola marca di pelati o di riso. L’Umarell trova poi coronamento alla sua inutilità osservando gli addetti lavorare, muovendo la testa in segno di diniego. Constatando come ai loro tempi sì che le cose venivano fatte per bene, non come ora, con tutta questa gioventù indolente! I più temerari consigliano anche modalità di intervento, apostrofando gli addetti con i soprannomi di “Biondo” o “Ragazzo”, indipendentemente dall’età o dal colore dei capelli.
– Il “Caso Umano”: il Caso Umano non ha una particolare età, sesso, occupazione o aspetto. Il Caso Umano è, proprio per sua natura, unico e inimitabile. Si riconosce principalmente da alcune fissazioni al limite del patologico, tipo presentarsi al supermercato sempre alla stessa ora, o con gli stessi vestiti, o alla ricerca degli stessi prodotti. Il Caso Umano non è un semplice abitudinario, bensì una persona che, in assenza del supermercato, non saprebbe dare coronamento alla propria (inutile) esistenza. Vive in funzione di esso e, segretamente, si sente anche parte integrante del medesimo sistema. Percepisce nitidamente gli occhi degli addetti che, esausti nel vederlo presentarsi in continuazione con le stesse richieste, quasi lo precedono sconfortati, indicandogli che il dato prodotto è sempre (più o meno dall’apertura del negozio) nello stesso luogo. Che nulla è cambiato. Il Caso Umano brama il contatto interpersonale e odia i cambiamenti. È l’esasperazione borderline del consumatore più accanito. Una volta era il normalissimo sottoprodotto del sistema capitalistico poi, una mattina, si è svegliato e, magicamente, si è scoperto Caso Umano. Il Caso Umano è dentro ognuno di noi, solo che ancora non lo sappiamo. Il Caso Umano prima produce. Poi consuma. In ultimo, crepa.
(Tu, quoque, Giovanni Lindo?)
– Quello dell’Ultimo Minuto: mancano ventisei secondi netti alla chiusura del supermercato, le saracinesche sono già mezze abbassate, i banchi puliti, le cassiere si scambiano le ultime, piccanti, confidenze quando arriva lui: quello dell’Ultimo Minuto. Dribbla gli inservienti per entrare, fa il limbo per passare sotto la saracinesca che si sta chiudendo ed entra nel supermercato per usufruire del suo sacrosanto diritto di consumatore. Poco importa se non ha avuto un cazzo da fare durante l’intera giornata (quello dell’Ultimo Minuto non ha mai un cazzo da fare durante la giornata), presentarsi all’ultimo minuto è un suo diritto e lui, sfacciatamente, lo esercita! Quello dell’Ultimo Minuto compra prodotti assolutamente inutili e slegati tra loro, senza alcun nesso logico (una confezione di zabaione, una pistola a pallini, carta igienica al sapore di fragola, cialde per gelato in pieno inverno). Si lamenta rumorosamente perché, di solito, sono finiti sia il pane che il latte. Se decide di aver bisogno di qualche prodotto fresco fa estrarre nuovamente coltelli e affettatrici agli inservienti, costringendoli a una doppia pulizia. Non chiede mai grandi quantità di prodotto, e fa battute sul fatto che ha passato la giornata a giocare a GTA V fino a un paio di minuti fa. È la vittima perfetta nei sogni da omicida di qualsiasi lavoratore della GDO.
– Il “Merda”: altresì noto come Shadow Man, l’Uomo Ombra, il Merda è quel cliente che non ha alcun rispetto delle più banali regole di civiltà, educazione, igiene personale, decoro. Il Merda lascia che il suo bambino pisci sulla colonnina controllo-prezzi. Rompe il vasetto di acciughe in salamoia e lo lascia espandere i suoi effluvi sul pavimento. Si scaccola il naso in stile cercatore d’oro alla ricerca della pepita, abbandonando il fazzoletto scaracchiato per terra. Ordina sei polli arrosto, salvo accorgersi poi di essere strictly vegan, abbandonandoli così nella corsia dell’intimo femminile. Prende una confezione di pizze surgelate per poi metterle nei vasconi dei latticini, lasciandole sgocciolare sopra le mozzarelle. Il Merda compie ogni azione nella più totale certezza di non essere sgamato. L’indifferenza è la cifra della sua riuscita. Il Merda non ha regole. Il Merda non ha legge se non la sua. Il Merda è il vero fuorilegge del supermercato. Il Merda beve la lattina di Red Bull nel fare la spesa, poi la consegna vuota alla cassiera ruttandole in faccia. La frase preferita del Merda è «tu non sai chi sono io!». Volere è potere, e il Merda può e vuole esserlo. Di solito, nel privato lavorativo porta una divisa. E si comporta allo stesso modo.
Detto questo, cari amici, lascio a voi tutti i “compiti per casa”. Compiti che consistono nel recarsi nel supermercato più vicino seguendo l’esempio di questa signora australiana:
(cara mia, il parcheggio era dall’altro lato!)
Al che, giunti nel luogo prescelto (e parcheggiata bene l’auto) dotatevi di etichette adesive recanti i suddetti tipi umani del Supermercato. Poi, con cura certosina, appiccicatele alle spalle degli esemplari che andrete via via identificando, un po’ come se foste entomologi che cercano di identificare nuove specie d’insetti. Solo non stupitevi se, nel tornare a casa, troverete appiccicata alla vostra schiena un’etichetta recante una delle sopracitate categorie. Come detto per il Caso Umano, c’è un po’ di tutti loro in ognuno di noi, ma nel vostro vicino di casa/banco/condominio supermercato/palestra molto, molto di più!
E ora andate e categorizzate, perché il Tempo Libero è tanto ed è meglio occuparlo in maniera costruttiva piuttosto che creare tutorial del genere:
(qui Nonna Abelarda, http://it.wikipedia.org/wiki/Nonna_Abelarda, ci mostra il funzionamento dell’ultima frusta sbatti uova della Moulinex)
Buona spesa!
Andrea Gratton