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Stare fermi, cronaca della mia prima esperienza omosessuale

Per errore lo scorso week end, un omosessuale che non avevo mai visto prima mi ha praticato del sesso orale. Io non sono omosessuale e di conseguenza l’evento mi ha scioccato parecchio. Non uno shock violento da crisi isterica e terapia post freudiana coadiuvata da psicofarmaci, qualcosa di più simile a quel senso di smarrimento legato al concludersi di una serie TV.

Vi racconto come è andata.

Per lavoro partecipo a molte feste organizzate da artisti, collezionisti, curatori, direttori di musei e altre figure legate al mondo dell’arte. Parlo di quei festini privati che si tengono all’interno di appartamenti enormi, pieni di gente ricchissima, che indossa occhiali buffi e fa discorsi privi di fondamento.

Dopo l’ennesimo calice di champagne mi sono ritirato alla toilette per restituire parte di quello che avevo bevuto. Stavo per uscire dal bagno con l’obiettivo di spalmarmi del fois gras su una fettina di pane e provarci con la tettona che durante le sue performance lancia dei gatti per aria. Un ragazzo, che prima mi aveva spiegato perché i tagli della spesa pubblica sulle sovvenzioni degli atelier per artisti siano la causa del declino dell’arte, mi sbarra la strada e dolcemente mi spinge nuovamente dentro il bagno. Chiude la porta dietro di sé, mi sbottona i pantaloni e comincia a darsi da fare.

A quel punto mi sono sentito come quando facevo il liceo e la prof entrando in aula annunciava un’interrogazione a sorpresa. E subito dopo il mio nome. Ovviamente non ero nemmeno lontanamente preparato. Tuttavia non facevo niente. Invece di ammettere la mia totale estraneità agli integrali e bloccare quella sceneggiata sul nascere, uscivo alla lavagna e me ne stavo zitto e muto a occhi bassi per mezz’ora. Esattamente come accadeva nel bagno, neppure a scuola ero mai stato in grado di confessare di essere inadeguato. Preferivo stare fermo e aspettare che i prof lo capissero da soli.

Scuola

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Ma quello continuava a trafficare. Nel senso che non sembrava capire l’errore. Colpa mia. Avrei dovuto essere chiaro da subito perché la base del vivere civile è il dialogo. Tu sei libero di chiedermi una cosa tanto quanto io sono libero di rifiutare. Esistono le contro proposte e i compromessi. Se crolla questo patto qualcuno soffre.

Mi tornavano in mente tutte quelle occasioni dove non ero stato capace di dire no a un amico. Richieste di favori che mai e poi mai avrei voluto soddisfare ma di cui mi ero fatto carico comunque. Solo per non rovinare l’immagine che volevo avessero di me. Invece di scegliere quando aiutare qualcuno e in che modo, stavo fermo e lasciavo che gli altri mi imponessero i loro bisogni.

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Domani mattina alle cinque mi accompagni all’aeroporto? (fyeahfriendsgifs.tumblr.com)

E così l’altra sera. Non avevo mica scelto di avere un artistoide aggrappato alle natiche. Perché il brutto è che quando non sei tu, ma gli eventi, che scelgono qualcosa per te. Finisci per odiarla quella cosa. Magari la fai in ogni caso e con ottimi risultati. Però ti costa fatica e non ti regala soddisfazioni.

 Forse avrei dovuto riflettere maggiormente sulla scelta del mio percorso di studi. Non sto dicendo che la scelta dell’università mi sia stata imposta. Però in sostanza è capitata. Non ci avevo pensato a cosa andavo fare. Né tantomeno a cosa andavo a fare dopo. Perché tanto alla fine di tutto ci pensi comunque ma in modo sbagliato. Con quel pensiero che non serve a nulla.

La Hogwarts è un'ottima scuola ma non ha sbocchi nel mercato del lavoro di oggi. Meglio economia che un posto in banca alla fine lo trovi

La Hogwarts è un’ottima scuola ma non ha sbocchi nel mercato del lavoro di oggi. Meglio economia che un posto in banca alla fine lo trovi (Warner Brothers / Via youneverknowloveorfriendship.tumblr.com)

Per esempio mentre tizio si prodigava in una discreta fellatio io pensavo molto. Ma non era una pianificazione. Non riflettevo su come uscirne, come cambiare le cose. Rimuginavo su cosa avrei dovuto fare per non trovarmi in quella situazione. Ma vi rendete conto di quale deriva cognitiva sia riflettere retroattivamente su “come sarebbero andate le cose se avessi agito diversamente”. Uno spreco di energie inutile e senza uscita. L’unico pensiero funzionale è lo sviluppo di una strategia per uscire dai guai. Per risolvere qualcosa. Perché altrimenti finisce che stiamo seduti davanti alla TV a ipotizzare cosa saremmo diventati se fossimo stati giovani durante il boom economico. E magari ci sentiamo pure intelligenti perché siamo capaci di colpevolizzare la crisi a colpi retorica. Coglioni siamo! Siamo coglioni perché stiamo fermi a riflettere per il gusto di farlo invece che ragionare per poi agire.

Perché il governo Letta  non fa qualcosa per noi giovani? (mylifeasashitshow.tumblr.com)

Perché il governo Letta non fa qualcosa per noi giovani? (mylifeasashitshow.tumblr.com)

Quello invece non si fermava mica. Il suo obiettivo era evidente e con volontà stoica suggeva dritto alla meta. Mi ricordava la mia ex. Non solo per i lunghi capelli castani ma per la tenacia e l’ostinazione con cui esigeva da me qualcosa che non volevo dargli.

Però se stai fermo, se non fai capire all’altro che anche tu hai una volontà, finisce che diventi l’estensione dei suoi bisogni. Ti tara in rapporto alle sue necessità e si stupisce alla minima discrepanza tra il tuo comportamento e l’immagine ideale che ha di te. Quante ne ho conosciute di donne così. E di uomini. Prima ti lasciano parlare e poi, gradualmente, correggono uno dopo l’altro quegli errori nella sintassi di coppia che urtano la loro grammatica dell’amore. Grammar Nazi, ecco cosa sono.

Ti amo (i.imgur.com)

Ti amo perché fai tutto quello che ti chiedo (i.imgur.com)

A un certo punto era tutto finito. E nemmeno allora lo sconosciuto stava fermo. Si sciacquava la bocca soddisfatto. Prima di uscire mi ha lasciato il suo biglietto da visita ma ovviamente, anche in questo caso non farò niente.

Credo che il punto della vicenda sia il pericolo di starsene fermi immobili mentre le cose inevitabilmente vanno avanti. Non voglio dire che Beckett abbia scritto “Aspettando Godot” dopo una fellatio omosessuale non voluta. Credo piuttosto che sarebbe utile rimboccarsi le maniche e fare qualcosa di meno miserabile che stare fermi. E’ l’inazione che ci uccide, non il fallimento.

Ci penserò con calma domani. Forse apro un blog.

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