Perché non basta un alto QI per essere intelligenti
160 è l’IQ di uno degli scienziati più famosi al mondo, Benjamin Franklin. Il Sign. Franklin sicuramente è ricordato come una delle personalità più brillanti dei tempi moderni, ma se vi dicessi che è rimasto quasi fulminato nel tentativo di cucinarsi un tacchino, quanto lo riterreste intelligente? Sicuramente poco, eppure è successo. Durante una cena con degli amici, nel tentativo di impressionarli, il Sign. Franklin toccò uno dei barattoli di vetro usati come una rudimentale pila, mentre con l’altra mano teneva una catena metallica. In poco tempo una scossa gli attraversò tutto il corpo, suscitando l’ilarità dei presenti e costringendolo a cambiare pantaloni.
Il proteiforme Goethe era uno uomo di lettere con un quoziente intellettivo di 210, eppure nel tradurre il 5 Maggio di Manzoni sbagliò a tradurre e trasformò un epitaffio commemorativo in un pamphlet denigratorio, dimostrando di non aver capito nulla della poesia (ricordatelo alla professoressa di latino quando proverà a mettervi un 4 per la traduzione sbagliata). La verità è che un elevato IQ non è sinonimo d’intelligenza, così come una buona pagella, una buona carriera universitaria o vincere un quiz al bar. Chi si affida a questi metodi per misurare la sua intelligenza è probabilmente affetto da “Bias confermativo” cioè quella tendenza a confermare il proprio punto di vista considerando un solo aspetto della vita.
Lewis Terman, uno psicologo americano, nel 1926 decise di fare un esperimento sociale. Selezionò ben 140 ragazzi dotati dalle migliori scuole della California e questa “squadra” venne chiamata “Le Termiti” e lo studio delle loro vite prosegue ancora oggi, con i suoi alti e bassi. Alcuni di loro hanno avuto un successo strepitoso, come Jess Oppenheimer, il regista della sitcom I Love Lucy, e alcuni di loro vengono retribuiti più del doppio rispetto ai loro coetanei, altri però non sono diventati delle eccellenze nel loro campo e sono diventati semplici impiegati. Da questo studio Terman ha concluso che “Intelletto e capacità non sono correlate tra loro”
Il genio della classe: potrebbe non essere il futuro capo di stato prospettato dai professori del liceo, anzi potrebbe anche essere ostacolato dal suo elevato IQ. Alexander Penney della MacEwan University in Canada ha invece constatato come un IQ più alto significhi sentire maggiormente il peso dell’ansia durante la giornata “Gli studenti con un alto IQ non si pongono problemi più profondi, bensì si pongono più problemi e si preoccupano di più per più cose contemporaneamente”. I genietti non “pensano” i genietti “ruminano” cioè girano intorno agli stessi problemi e perseverano nell’errore peccando di superbia.
Lo studente “medio” sicuramente dovrà sudare di più per guadagnare un 8 o un 28, ma potrebbe anche essere più pratico nella risoluzione dei problemi, meno ansioso davanti alle difficoltà, ma soprattutto più incline a cambiare comportamento e a non cadere nel “Bias Blind spot” ovvero in quell’errore cognitivo che non riesce a farci percepire i nostri sbagli e ad imparare da questi ultimi. Il genietto ottuso e arrogante si dimostra così meno intelligente di chi, avendo la mente più aperta, riesce ad ammettere che ha ancora molta strada da fare per riuscire a realizzare quello che desidera
Cos’è allora che rende una persona “Intelligente” – cioè non un genio dalle eccezionali capacità, ma una persona in grado di saper stare al mondo e orientarsi nel modo giusto, senza commettere strafalcioni ridicoli o errori grossolani? Capire i limite della propria intelligenza, porre attenzione ai propri sbagli, interrogarsi su poche cose, ma che hanno la giusta importanza e soprattutto avere una buona memoria del passato e uno spiccato senso dell’attenzione. Non lasciate che singoli test o poche persone incaricate di giudicarvi vi facciano sentire meno intelligenti rispetto ad altri, piuttosto concentratevi sul ridurre la vostra ansia, ruminate di meno sui problemi, cercate di avere relazioni umane di qualità e siate intellettualmente umili. Questo è il segreto per essere intelligenti, non certo l’IQ.