Così l’oltreuomo conobbe Mauro Repetto
A Parigi fa freddo. Inoltre ogni volta che vado dal panettiere e chiedo una baguette mi sento frocio.
Parigi è soprattutto invertiti nel Marais, prostitute a Boulevard Bessières, giapponesi a Lafayette, barboni al Pompidou, femministe ucraine che mostrano le tette sotto la Tour Eiffel, rapper a Montmartre e pioggia tutti i giorni. Così, per fuggire da un venditore di formaggi, l’altra sera mi sono infilato dentro al teatro Essaion nel quarto arrondissement.
La locandina proclamava la presenza dello spettacolo “The Personal Coach” di Mauro Repetto. Per quel senso di coesione che lega gli italiani all’estero ho acquistato il biglietto. Sono entrato timidamente nella piccola sala buia. Gli spettatori eravamo io, l’oltredonna e un fotografo di Pavia che ormai vive a Parigi.
The Personal Coach di Mauro Repetto
Mauro Repetto esce sul palco e immagina di dover scegliere il candidato perfetto per diventare il Personal Coach dell’umanità. Quindi interpreta un potpourri di persone decedute quali Hemingway, Giulio Cesare, John Holmes, Jim Morrison, Marilyn Monroe, Al Capone, Steve Jobs, Fred Astaire, Tutankhamon ma soprattutto se stesso. Quest’ultimo più vivo che mai.
Finito lo spettacolo ci sediamo tutti e quattro ai bordi del palco e parliamo del più e del meno come quattro amici al bar. Viene fuori che per prendere la metro dobbiamo andare tutti a Bastille e così ci avviamo a piedi. La nottata è benevola e concilia ricordi e racconti. Mauro Repetto si descrive sereno e pieno di intenzioni. Ci parla dei suoi progetti, dei suoi sogni, della sua vita, dei suoi figli, di sua moglie e del prezzo al metro quadro degli immobili di Parigi.
La passeggiata è un’altalena di emozioni, nel senso che attimi di gioia sfrenata si alternano a momenti di malinconia sottile. Prima Mauro Repetto tenta di dirigere un film negli States ma la cosa non va. Sconfitto ritorna in Italia e parte militare. Scopro che la naja l’ha fatta a Pordenone, la mia città, e non resisto nel chiedergli di parlarmene. Mi guarda come se intravedesse in me una qualche forma di demenza e mi dice che, dopo Los Angeles, Pordenone perde lievemente il suo appeal. Ma il morale si rialza subito quando racconta il suo approdo a Parigi, a Eurodisney nello specifico. Nel parco di divertimenti Mauro fa carriera e molti anni dopo incontra il suo amico Max. Mi sono chiesto se l’abbia fatto entrare gratis (o al limite una riduzione nel biglietto) ma, ancora scottato dalla domanda precedente su Pordenone, mi trattengo. Mauro e Max ormai sono due adulti con mogli e figli ma conservano intatti l’amicizia, i modi, i discorsi della loro adolescenza. Durante la loro rimpatriata, mi dice più volte Mauro Repetto, non parlano una sola volta degli 883.
Il mio eroe non ha smesso di sognare la regia e io non riesco a non pensare a quella vecchia barzelletta dove un uomo, in una buia nottata, cerca le sue chiavi sotto la luce di un lampione. Un altro uomo arriva e compresa la situazione comincia ad aiutarlo a cercare. Dopo un po’, il secondo uomo, vedendo che la ricerca non da frutti si fa scettico. «È proprio sicuro di aver perso le chiavi sotto questo lampione?», «No, no, le ho perse più in là», «E perché non le cerca dove le ha perse?», «Oh bella! Perché là è tutto buio».
Ecco, Mauro Repetto, all’opposto, le chiavi le cerca nella penombra di un teatro underground. È sicuramente più difficile ma è il posto giusto.
[portfolio_slideshow]