Il drammatico disagio dei collant
“Con il termine di origine francese collant si indica un capo di abbigliamento unisex che copre la regione del corpo compresa tra il basso addome e la punta dei piedi”, ci informa, anche questa volta, wiki.
Capo di tortura occidentale diffusa dalla seconda metà del XX secolo, che fastidia e disturba il corpo dalla punta dei piedi all’altissima panza, allegramente passando per il bucho de culo, le calze collant rappresentano un grande classico dell’abbigliamento, che dall’infanzia alla vecchiaia segnano i nostri pollicioni, fianchetti e destini.
Ma vediamo insieme quali sono tutti gli immensi disagi che offre questo capo di straordinaria scomodità.
- Ti tirano e ti strizzano che neanche i cotechini al cenone di San Silvestro;
- Un cassettone pieno di milleotto paia, 46 colori, 7 materiali, 12 taglie, e poi non hai mai quelle giuste per nulla;
- La pratica comodità dei collant antistupro sotto la braga, per tutta la stagione ottobre-marzo, che rendono la turca la più divertente delle location delle tue pisciate;
- La fiducia delle milfone nei collant contenitivi ti commuove quanto la leggerezza delle adolescenti che indossano le velate color carne ai diciottesimi delle cuggine;
- Quelli velati. Color cammello, daino, nature, caramello, visone, neutro, safari, castoro, beige e tutte le altre sfumature del vomito;
- Quel merdaviglioso effetto sberluccichino anni ’80;
- I velati neri, che speri nell’effetto porca e ottieni quello sacchetto dell’indifferenziata;
- L’elastico lasso che starnutisci e ti cadono alle caviglie;
- Le calze smagliate. Un minuto di silenzio per ogni paio smagliato e ogni madonna lanciata per un’unghia sbeccata;
- Le autoreggenti, e un brivido mai provato;
- Un’infanzia di danza classica segna i muscoli dando il ritmo: dopo 18 ore di nylon sul popò te li vuoi stracciare di dosso e fare una tarantella sul palco;
- Alluce, illice, trillice, pondolo, minolo: tutti uniti sotto al marchio a fuoco della cucitura del calzamaglia, che li levi e ti restano incisi nella carne per tutta l’estate;
- Nonna che cerca di infilartele anche ad agosto, che la sera ci son gli spifferi;
- “Oh, un forellino! Metto una goccia di smalto color daino di cammello al visone del safari, e mi salvo la giornata” e anche le più impeccabili delle segretarie finiscono come becere adolescenti;
- Collant a vita bassa: ti chini e ti esce anche l’anima;
- Collant a vita alta: mangia una pizzetta e ti strizzano lo stomaco fino a sdoppiartelo, diventi una mucca e rumini per tre giorni;
- Felpate, per i freddi più rigidi: sbagli il lavaggio ed è subito tubi di eternit;
- La moda dei collant smagliatissimi e i rotoli di grasso che zompano fuori: quell’effetto rollata che seduce e attrae. Di preciso, chi?
- “Che bel perizomino che hai là sotto!”, tu la mattina hai messo una culotte, ma l’effetto risucchio è più forte della gravità;
- Il pullman in partenza, lo scatto felino e le scintille che partono dalle coscie che strofinano: nemmeno negli horror con i flessibili;
- I collant con le fantasie: l’incubo di ogni chiatta infanta, la perversione di tutte le adolescenti che amano i pois, ma ottengono righe;
- Il cavallo alle ginocchia e l’eleganza di un fachiro nell’inutile tentativo di imbragarti: era meglio l’onesta infanzia, su la gonna e su la calza.