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Campionato non ti voglio bene

Il campionato italiano di calcio, oggi, potrebbe essere considerato il campionato di calcio spagnolo agli inizi degli anni novanta, quando il Milan di Sacchi spadroneggiava in Europa e anche in Italia, senza lasciare neppure le briciole alle squadre che fino a cinque anni prima si dividevano trofei nazionali e internazionali.

Che da quando il milordone Silvio ha acquistato la squdra di Milano, è inutile far finta, qualcosa nei sistemi di questo gioco, ai livelli più alti, si è rotto.

Se prima contava l’attaccamento alla maglia, il cuore, la prestanza fisica, e il fattore C(ulo), ora, è inutile negarlo, ma il metodo più veloce per creare una compagine vincente, sembra essere il fattore D, non di Dio ovviamente, ma di Denaro.

Di esempi ce ne sono a centinaia, sia in Italia che all’estero, basti pensare al senza storia Paris Sait-Germain, divenuto una potenza europea nel giro di un anno, o al Manchester City che da mediocre squadra di medio-bassa classifica, seppur con alti e bassi, dopo l’arrivo degli sceicchi si ritrova ogni anno a combattere per il primato nazionale.

In Italia una presenza straniera dall’est, fino allo scorso campionato, era solo uno spettro che aleggiava su Milan, Roma (che nonostante tutto è già in mano a James Pallotta, un pecunioso Italo-americano più americano che italo) e Inter.

Inter, la squadra meno italiana d’Italia che giusto poche settimane fa, proprio per non essere troppo nostrana fra i dirigenti, è stata acquistata in larga parte dall’indonesiano Thohir, un ricco e facoltoso proprietario di mezzi d’informazione nel suo paese.

Ironico sapere che Milan e Juventus, le due squadre italiane impegnate nella massima competizione europea, non siano le due pretendenti dirette al titolo. Curioso rendersi conto che la squadra capitolina che sta tingendo, pian piano e ben lungi dal “gufarla”, lo scudetto di giallo-rosso, venga da quattro anni di inseguimenti fallimentari ai posti di classifica che permettono l’accesso alle coppe europee, con cambi di allenatori e soldi buttati in non-talenti.

Che la Roma di quest’anno abbia spirito, cuore e animo, è innegabile (basta guardare in faccia De rossi per avere paura), ma che dietro a questa resurrezione ci sia anche la grande S barrata due volte in verticale, è innegabile. Perché la Roma, prima ancora di essere testa di serie sul campo, lo è stata nel mercato della sessione estiva, cedendo giocatori importanti come Lamela, ma acquistando giovani e temprati talenti come l’olandese Strootman e il ivoriano Gervinho, solo per fare un esempio. Ovvio poi cambiare anche l’allenatore, trovando in Rudi Garcia un sergente giovane e aperto alle novità.

Ironico inoltre rendersi conto che lo stesso sistema creato in Italia, e che ha reso la squadra rosso-nera tra le più titolate al mondo, è lo stesso che oggi, nelle competizioni straniere, ci condanna, proprio come fece agli inizi degli anni novanta con le spagnole.

Infatti le squadre estere dotate di maggiori fondi, di maggiori sponsor, di maggiori azionisti, troneggiano in Europa come veri colossi, che raramente lasciano gioie a squadre meno dotate economicamente. Vedi il Bayern Monaco, un’azienda prima di una squadra, il Real Madrid e il Barcellona, che in Spagna godono di agevolazioni fiscali per gli acquisti, e come già detto, le squadre comprate da ricchi stra-ricchi mediorientali, asiatici e russi, come Chelsea, Monaco, ecc, ecc.

Consoliamoci dentro i confini tricolori però. Non c’è solo l’americana Roma oggi nel nostro campionato, c’è sempre la nostrana Juventus, il nostalgico delle magie maradoniane Napoli,  l’IndonesInter, la rinata Fiorentina, e sorpresa delle sorprese, poco sotto a queste prime potenze, la neo-promossa Verona.

E il Milan? E il grande Milan che ha creato il sistema Pecunia = Successi? Ebbene si, è decimo. Certo siamo solo all’inizio, il campionato è lungo e i rossoneri duri a morire. Senza contare poi che dal 2009 a questa parte, la squadra del milordone, sembra non essere in grado di sopperire al cambio generazionale, pur riuscendo comunque a finire sempre tra i primi tre posti, validi per l’accesso in Champions.

Teniamo conto poi che già l’anno scorso il Milan dopo un inizio traumatico, il peggiore della sua storia, riuscì nel girone di ritorno, a scalare la classifica posizionandosi al terzo posto, grazie anche all’inserimento in rosa del tanto acclamato Mario Balotelli

Proprio lui, l’ingravidatore oscuro (non per la pelle, ma l’anonimità), il bad boy di fatto, quello che forse starebbe meglio a Hollywood che in un campo di calcio; quello che messo a fianco di El Shaarawy (il vero acquisto per il Milan del futuro), ha fatto sembrare la cresta dell’italo-egiziano qualcosa di normale da poter far vedere alla nonna. Il bomber, che dopo quasi sette anni di presenza  passeggera, dovrebbe riportare il Milan a riconquistare la coppa dalle grandi orecchie, il trofeo da sempre più ambito dai rosso-neri, e che invece si perde in inutili scaramucce con giornalisti tutt’altro che sportivi.

Doveroso per noi, tifosi di ogni colore, fede, città, chiederci che fine abbiano fatto i Franco Baresi, i Dino Zoff, i Giacinto Facchetti e senza scomodare vere e proprie leggende, basti pensare a Totti, a Zanetti o anche a Shevchenko, per nominare un qualunque goleador rossonero, che senza ingravidare donne a caso, ma a suon di goal e successi, si guadagnava le prime pagine dei giornali.

No, non di quelli scandalistici.

Giuseppe Squizzato

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