Balaton Sound – Il festival della patata elettronica
l’Ungheria non è solo salame e Sziget ma è anche patata e Balaton Sound.
Dall’11 al 15 luglio le coste del lago Balaton hanno fatto da zuppiera per una freschissima insalata di tuberi e musica elettronica. Non sapevo cosa andassi incontro, perciò, ho deciso di non dormire prima della partenza e alterare la mia percezione della realtà. L’essere il più ubriaco del volo MXP- Budapest regala grandi soddisfazioni ma anche molte responsabilità (sempre saggio Peter Parker) infatti l’aver dimenticato la tenda a casa è stato un bel numero, considerando che mi trovo in un campeggio. Cosi prima di entrare nel pieno del festival sono entrato nel pieno di Tesco, a soli sedicenti chilometri di distanza dal camping, per comprare la nostra tenda a tema pastiglie.
Dopo aver provato l’esperienza di essere sherpa lontano dal Tibet, riusciamo a picchettare al festival la tenda camouflage e i nostri bagagli. Il mio zaino, poesia del campeggio, terrore di furti.
Ti vedo pieno e al sicuro quando sei con me
Ma da quando ti abbandono, temo per te
Vivo con ansia pomeriggi di danze
Con il timore che mi rimarran sol le calze.
Solo ora riesco a respirare a pieni polmoni l’aria del Balaton. C’è patata ovunque. Sono dappertutto e sono felici. E sono senza il solito antipatico sottaceto che le accompagna: sono esencetriolo. Infinite, di tutte le taglie, gusti e nazionalità. Uno zibaldone di pilu, un simposio di tette che saltano al beat di AVICII che si esibisce al main stage per un paio d’ore di delirio. Ma parlo del delirio di Massimo Decimo Meridio quando scopre il focolaio in collina. Balliamo ininterrottamente ogni traccia e le mani sono sempre rivolte al CIUELO oppure sui seni di queste donne felici e spensierate.
Siamo talmente presi bene che in due mi chiedono dell’ecstasy ma non ho mai giocato sul sintetico, preferisco il bucolico profumo dell’erba appena tagliata.
Terminato AVICII la line up del primo giorno presenta un uno-due terrificante che mette a dura prova i nostri timpani: Bloody Beetroots live e Justice in dj set; un’ondata di bassi che fa vibrare stomaco e petto quasi da togliere il respiro. Prima delle nanna, invece di lavarci i denti, ci spariamo il classico kebab della buonanotte che rimanda i baci al giorno successivo. L’escursione termica cui si assiste è da Sahara, in tenda la situazione diventa insostenibile perchè tutto ciò con cui ci possiamo coprire ha la grandezza di una salvietta per il bidet. Almeno le ginocchia stanno al caldo. Durante il giorno la vita è irreale, un ondo parallelo: la festa é dappertutto, ovunque gente che balla e beve birra dalle prime ore del attino, e poi dicono che sia facile cazzeggiare. Durante un party sull’isola Heiniken, mi faccio tirare in mezzo da Sburf, il mio amico slavo, che non parla inglese e si mastica la bocca ininterrottamente. Impasticcato duro fin dal mattino; sempre avuto un grande cuore i ragazzi della stella rossa.
Riesco a liberarmi del lama solo dopo avergli regalato mezza Heiniken, a temperatura ambiente subsalariano. In giro le ragazze ridono e si mettono costumi minuscoli, piccolissimi brandelli di tessuto che stringono e rialzano i loro sederi in triangoli di una bellezza tale per cui Pitagora potrebbe trovare ispirazione per un sequel del vecchio teorema.
La carrellata di artisti del secondo giorno é importante: NAS, Afrojack e Armin Van Buuren al main stage e a seguire nella notte le Nervo e Hardwell. Durante l’esibizione pomeridiana di Afrojack, un paio di ragazze con apparecchio per i denti e faccino da quinta ginnasio vengono approcciate da Varenne. Varenne è colui che, scambiato per il famoso cavallo, viene drogato di Special K, l’ anestetico per equini agitati. Ora, pensate cosa può succedere al vostro “io” se venisse scambiato per il crinierato quadrupede. Tuttavia sembra abbandonare le brame di accoppiamento quando le due innalzano un doppio dito medio proprio sullo stacco con cui Afrojack manda in visibilio migliaia di persone. Mio nonno aveva ragione quando saggiamente mi diceva “lascia pensare i cavalli, che hanno la testa lunga”.
Chiudiamo il secondo giorno venendo abbordati da un paio di fricchettone over 30, o meglio, veniamo letteralmente attaccati dai feromoni a forma di tigre che fuoriescono dai loro colli bianchicci. Ci sono davvero tutte le generazioni. Le danze sono scatenate, ci troviamo in un padiglione piccolo ma interessantissimo: il Funzine. Dj set con sassofono e tastiera live ad accompagnare sulla falsa riga dell’ Amnesia ad Ibiza. Le nostalgiche hippie impazziscono quando ballando facciamo la danza del burublu le mille bolle blu. Dopo aver respinto le insistenti figlie dei fiori rientriamo in tenda. Fredda come una lama e pronta a trasformarsi in una serra. Come secondo le scritture, il terzo giorno siamo resuscitati. Ci voleva qualcosa di trascendentale per pensare di sostenere la doppietta Steve Aoki e Prodigy. Giornata di svolte, di incontri fortunati e di scoperte pazzesche. Presagio di fortuna imminente é lo stimolo, l’ispirazione che rende i campeggi stitici. La prugna dal cielo. Il momento estatico tanto atteso non puó che arrivare in zona vip: dove le tele hanno la carta igienica e il silenzio regna sovrano. Primo concerto cui assistiamo é dei Punnany Elektro. Un gruppo ungherese molto popolare con la chicca del violino elettrico e tre cantanti, sono molto accollativi, infatti, la presa bene é generale, decine di bombe si passano di mano in mano esplodendo tranquillità mentre noi facciamo amicizia con tutti.
La calma prima della tempesta. Cosi la chiamavano. Steve Aoki sale sul palco e, incredibilmente, riesco ad entrare nell’area sottostante al dedicata ai fotografi.
Steve Aoki preso bene.
Con questa espressione estatica (o MDMAatica) comincia a lanciare torte in faccia ai presenti. Torte in faccia e gente ne chiede espressamente una facciale tramite cartelli. Questi sono gli effetti del giocare a calcio a sette sul sintetico. Mai abusare del sintetico.
Quello del terzo giorno é un menù particolarmente pesante; se i Prodigy sono il piatto principale, Steve Aoki come antipasto ha la forza distruttiva di una bagnacauda. Alle 21 l’arena é invasa dai Warriors pronti a pogare al richiamo del sintetizzatore. Non si fanno vittime e prigionieri: durante Firestarter il pogo coinvolge tutta la parte centrale del parterre e il livello di casino é sul rosso. Noi non ci esimiamo ma ció che piú mi ha stupito sono sempre loro, le donne. Non mollano mai e si divertono all’ennesima potenza. Le spinte che mi hanno gasato di più sono state quelle della superfiga con la capacità Polmonare di un campione di apnea.
Tettona fan dei prodigy con spiccate qualità respiratorie.
Al -thank you Balaton!- con cui i Prodigy salutano il loro esercito, noi della fanteria piú vigorosa possiamo finalmente spalmarci sulla comoda pelle dei divani in sala stampa. Questo braccialettino giallo che ci permette di entrare nell’olimpo dei superfighi é stata davvero una manna dal cielo, un po’ come se Jack avesse potuto accedere al salone delle feste e spaccarsi Rose nel privé del Titanic.
Domenica è il giorno del Signore, per la precisione del signor Calvin Harris. I regaz cominciano ad accusare i tre giorni di fatiche sul groppone, infatti, fino al primo pomeriggio, tutti collassano a caso sulle rive del lago.
Al risveglio l’esercito di zombie è pronto a scaldarsi con gli Above and Beyond. Il duo londinese ha l’effetto della pappa reale, rigenera e gasa. Hanno anche il merito di far salire sul palco una super fan, ovviamente anche superfiga, dal pubblico – meglio che spararle una torta facciale, ma de gustibus – talmente a suo agio e presa così bene che tutti quanti ce la saremmo sposata instant.
Tipa presa benissimo.
Le poche energie rimaste sono concentrate per Calvino. Tutti aspettano l’ultimo concerto come Giacomo da Recanati aspettava il Sabato al villaggio; questo però è molto più figo. Quando l’aria che respiro si riempie delle note di Sweet Nothing: dolce far niente, mi accorgo di essere davvero in un posto incredibile, in cui persone diverse convivono in pace, senza tutte quelle dinamiche della vita di tutti i giorni a fare da filtro nei rapporti. Per tutta la durata di questo disco non ballo, mi sposto da un piede all’altro come se stessi fluttuando a qualche centimetro da terra. Sono contento perché mi piace lo sweet nothing. E mi piace ancora di più se è full optional come al Balaton: sole, spiaggia, musica e tante tante tette.
Così spengo l’ultima space cigarette e penso che l’anno prossimo sarò ancora in Ungheria per una parentesi di cazzeggio così sciallo.
Alberto Giorgis