Lo spazio dei lettori

I cani

Dalla notte dei tempi, nei paesi più colti e civilizzati, vi è un insieme di argomenti su cui non si deve assolutamente fare dell’ironia spicciola. Va da sé che quest’insieme è eterogeneo e variabile, e che si modella nel corso degli anni così come si modella la società liquida del caro vecchio Zio Ziggy (Marley) Bauman. L’ultimo film di Tarantino, ad esempio, ci insegna come, nell’America del Sud del diciannovesimo secolo, irridere gli schiavi di colore fosse se non propriamente un’abitudine, quanto più uno sport nazionale. Sport che, dall’abolizionismo in poi, è diventato passibile di denunce e campagne di sensibilizzazione tanto corrette quanto auspicabili. Lo stesso vale per numerose altre categorie, dai disabili agli Ebrei (gli unici autorizzati a fare battute sugli Ebrei sono Woody Allen, Krusty il Clown, Mordecai Richler e Seth McFarlane, sappiatelo), da Maometto a Gesù Cristo, dalla cucina italiana agli omosessuali (affaire Barilla). Inutile dire che, se tutelare certe categorie e riflettere seriamente su alcune tematiche sia fonte di grande civiltà, vi è anche il rovescio della medaglia del buonismo. Buonismo capace di far sì che, in presenza di argomenti borderline,

(in questa clip il filologo Jules Winnfield di Pulp Fiction si batte strenuamente per l’utilizzo corretto del pronome interrogativo “cosa”)

si scateni una “caccia all’untore” verbale degna della manzoniana Colonna Infame.

Parlare di certi argomenti, dunque, è diventato più ostico di risalire il Mekong fino a raggiungere il colonnello Kurtz. Oppure di superare il corso d’addestramento del sergente istruttore Hartmann. Con risultati non troppo dissimili a quelli capitati al mitologico Soldato Palla di Lardo. Ogni paese, però, ha il suo Pantheon degli argomenti tabu. Pantheon che, in un certo qual modo, qualifica e descrive il grado stesso di civiltà del paese in questione. L’Italia, ad esempio, è quel paese in cui un parlamentare dell’opposizione può dare impunemente dell’Orango a un Ministro della Repubblica (dimostrando come non solo l’arte sia in caduta libera nella terra di Dante-Petrarca-Boccaccio & Rossi-Tardelli-Altobelli, bensì anche l’intelligenza della vis polemica politica) oppure in cui un Primo Ministro può affermare senza alcun pudore, decenza, dignità e rispetto che una donna in stato vegetativo da oltre un decennio potrebbe tranquillamente procreare:

(mi rifiuto di commentare questo video, lo linko solo perché il merda poi non affermi «io non l’ho mai detto!», alla faccia du cazzo!)

A onor del vero, l’Italia è anche quel paese in cui si scherza con i fanti ma si lasciano stare i Santi. Peccato, però, che i santi in questione non siano più i cristologici santi del calendario di Frate Indovino (studi statistici condotti da IPSOS tra le quattro mura del mio appartamento dimostrano come le bestemmie siano in aumento del 13.5% sul montante annuo), bensì una nuova tipologia di santi. Un po’ più pelosi e animaleschi, nonché dediti alla defecazione più selvaggia sul suolo pubblico.

Sto parlando, ovviamente, dei cani.

Perché sì, perché l’Italia si è trasformata in un paese di possessori, amanti e simpatizzanti delle razze carine più disparate. Trattate meglio, infinitamente meglio di come verrebbe trattato un qualsivoglia essere umano. Il vero argomento tabu (ovvero quello su cui non si può ironizzare in nessun modo!) dell’Italia contemporanea, infatti, è l’argomento canino. E ne abbiamo testimonianza ogni giorno. Nelle bacheche FB dei nostri amici possessori di quattro zampe o paladini dei loro diritti civili. Nei servizi dei telegiornali generalisti nazionali. Negli inserti dei quotidiani cartacei o nelle riviste patinate. Nelle conversazioni al bar, tra una birra e uno spritz, quando preferiresti sentir parlare dell’inscindibilità dell’anima piuttosto di quel cagnolino tanto carino caruccio carò! Ma questa è l’Italia, ladies&gentlemen, e questi sono gli italiani: popolo recettivo all’abitudinarietà come pochi e buonista fuori tempo massimo. Pensate sia un moralista qualunquista del cazzo? Già, avete ragione! Poi, però, vedo il video di Mario Monti che, in campagna elettorale durante le Invasioni Barbariche, tiene in braccio un botolo con fare schifato soltanto per prendere qualche voto in più (riuscendoci, per altro) e mi dico che no, che forse non ho tutti i torti.

Detto questo, e consapevole della possibilità di attrarmi addosso le critiche della maggior parte degli amanti degli animali, vorrei passare in rassegna le vicende di alcuni tra i più importanti cani legati alla storia dell’Umanità e della Politica.

– Argo: di certo il cane più famoso di tutta la mitologia, Argo era il cane da caccia di Ulisse, il protagonista dell’omerica Odissea. Il suo padrone, a malincuore, lo abbandonò ancora cucciolo per partire per la guerra di Troia, convinto di risolvere le cose in un battibaleno così da ritornare alla sposa Penelope, a Itaca e, soprattutto, all’amato cane Argo. Perché sì, perché nell’antica Grecia cacciare con il proprio cane ubriachi di vino era il passatempo preferito degli eroi (un po’ come lo è per i teenager americani entrare nelle scuole strafatti di psicofarmaci e con armi a corto raggio). Tuttavia quella che per Ulisse doveva essere una canonica uscita a prendere le sigarette, si trasformò in un ventennio d’assenza (cristo santo, perché nella storia tutto dura vent’anni? Berlusconi, Mussolini,…) da Itaca, con conseguente emarginazione del fedele Argo da parte dei Proci. I quali, nemmeno troppo velatamente, cercavano in continuazione di concupire la bella Penelope, vera e propria “prima MILF” della storia. Come andarono le cose è arcinoto: Ulisse tornò. Argo, scodinzolante, spirò nel vederlo. I Proci vennero massacrati brutalmente. Penelope entrò in menopausa. Telemaco aprì un circolo nautico. Ecco riassunta l’Odissea.

– Peritas: Peritas era il cane del mitico re macedone Alessandro Magno (uno che, a trentatré anni, aveva conquistato la maggior parte del mondo conosciuto, un po’ come Ian Curtis con la new-wave a ventitré). Poco si sa della sua razza, si sa soltanto che rimpiazzò un molosso un po’ pigro e svogliato in combattimento che, per punizione, venne giustiziato dal buon Alessandro in segno di amicizia e fedeltà (alla causa). Peritas, invece, si dimostrò subito molto attivo nelle battaglie, lottando allo strenuo delle forze con leoni ed elefanti (come un cane possa avere la meglio contro un elefante resta per me un mistero, tipo gli orsetti gommosi che mazzuolano i droidi d’assalto imperiali nel Ritorno dello Jedi), ingraziandosi il re il quale, in suo onore, fece edificare una città in ricordo della sua dipartita. E poi ci lamentiamo delle vecchiette che lasciano milioni di euro in eredità ai loro botoli pulciosi! Se lo ha fatto un re illuminato e istruito da Aristotele, figuriamoci delle vecchie rincoglionite dai programmi di Barbara D’Urso.

– Blondi: nonostante il nome da pornostar di periferia (urge una Google search), Blondi era il pastore tedesco femmina di Adolf Hitler. Regalatogli da uno dei tanti gerarchi nazisti del cazzo, Blondi ricordava a quel sentimentale di Hitler il suo primo cane: un pastore tedesco che, abbandonato nel 1921 a causa della povertà del futuro Führer, decise incautamente di ritornare all’ovile. Che ne fu del proto-Blondi non c’è dato sapere ma, vista la fine della Blondi ufficiale, io non dormirei sonni tranquilli. Detto questo, il legame tra Blondi e Hitler era così forte che Eva Braun (forse non sentendosi più la prima cagna del Führer) la prendeva spesso a calci nel sedere, scatenando le ire funeste di Blondi e le risate adamantine di Hitler il quale, segretamente, aveva già deciso come dimostrare a entrambe il proprio amore. Rinchiusisi tutti e tre appassionatamente nel Führerbuker a Berlino, Hilter somministrò alla malcapitata Blondi (e ai suoi cuccioli) alcune capsule di cianuro, così da risparmiarle il Processo di Norimberga. Lo stesso fece con Eva Braun, ma soltanto dopo la sua amata Blondi. anto per farle capire chi era la vera first-lady tra lei e il cane. Inutile dire che, dei tre, la dipartita del cane sia la sola di cui mi dispiaccia.

– Sobaka Stalina (ovvero “il cane di Stalin”): anche noto come Terrier nero russo, il cane di Stalin è una razza canina creata dagli scienziati russi per difendere il dittatore georgiano dopo la fine della seconda guerra mondiale (data l’evidente pazzia di Stalin, verrebbe da chiedersi se non fosse stato meglio un po’ di Roipnol). Tuttavia, fedeli a quella che sarebbe stata codificata dalla modernità come pet-therapy, gli scienziati russi preferirono puntare sul lato sentimentale e animalesco di Stalin, iniziando così a incrociare diverse razze canine per creare un cane che ne ricordasse la figura. Ecco quindi il Sobaka Stalina, frutto dell’incrocio combinato di Schnauzer giganti, Airedale terrier, Rottweiler, Cani da acqua Moscoviti e di Ivan il Terribile IV, «discendente diretto di Ivan il Terribile I, appartenuto allo Zar Nicola, leggendario campione di caccia al mugiko nella steppa e fucilato come nemico del popolo durante la Rivoluzione d’Ottobre sulla piazza Rossa»:

Stalin non fece in tempo a sopravvivere alla creazione del suo cane (il quale aveva dei grandi baffoni neri come l’uomo cui venne dedicato), tuttavia ciò non impedì al Sobaka Stalina di diventare uno dei cani più famosi e filo-comunisti dell’Unione Sovietica, seguendone docilmente le mutazioni geopolitiche e azzannando con ferocia tutti i reazionari nemici della Grande Madre Russia. Non a caso, in un gesto di disinteressata oligarchia petrolifera e docile sentimentalismo anti-americano, l’ultimo Zar di Russia (ovvero Putin) decise di donare al caudillo venezuelano Hugo Chavez un esemplare di Sobaka Stalina dall’intrigante nome di Lev Trotsky. Nemmeno sei mesi dopo Chavez morì. Ma il cane non c’entrava nulla. Almeno così dicono quelli dell’ex KGB.

– Barney: Barney era lo Scottish Terrier dell’ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Ironia della sorte, anche i cani di Eva Braun erano degli Scottish Terrier, ma ciò non configura assolutamente un nesso tra Eva Braun e George W. Bush. O tra le mire espansionistiche e la corsa agli armamenti nazista e quella dei repubblicani americani. Detto questo, il buon Barney accompagnò il presidente cow-boy durante i suoi otto lunghissimi e asfissianti (per noi) anni di governo alla Casa Bianca. Ricevette re e regine, capi di stato e primi ministri. Morse anche un paio di persone ma, come si fece con i pompini della Lewinsky a Clinton, la notizia venne data sempre con mesi di ritardo. Si dice che il cane acquisti sempre qualcosa del carattere del padrone. Barney è l’esempio lampante del contrario: anche solo nell’osservarlo si capiva che era infinitamente più intelligente del padrone, di cui era sì un amico fedele, ma di certo non ai livelli del socio Tony Blair. Al quale bastò vendere la bufala delle armi di distruzione di massa per convincerlo ad aiutare gli Stati Uniti nel mettere a ferro e fuoco l’Afghanistan. Barney, al massimo, avrebbe cacciato gli armadilli, ma questa è un’altra storia. Più famoso di una rockstar, più ricercato di un attore consumato, più benvoluto di Babbo Natale, Barney era una vera e propria mascotte per l’intero popolo americano. Fu lui il primo cane mediatico della storia del web 2.0. Pagine Facebook, siti internet, video virali, Barney non si fece mai mancare nulla. Nel corso degli anni alla Casa Bianca fu protagonista di una serie di film dal titolo Barney Cam (titolo palesemente scopiazzato da qualche categoria di YouJizz), nei quali scodinzola su e giù per i corridoi presidenziali illustrando agli spettatori la bellezza di essere il first presidential dog. E la folle demenza dei suoi padroni.

(in questo video possiamo vedere numerose personalità legate all’amministrazione Bush parlare a Barney come se stessero parlando all’Ayatollah Khamenei. E pensare che le sorti del mondo occidentale erano legate alle scelte di questi personaggi)

– Dudù: dulcis in fundo ecco Dudù, il barboncino guevarista modello borsa Luis Vuitton di Francesca Pascale e Silvio Berlusconi. Diciamocelo subito: Dudù è l’esempio lampante del cane mediatico depresso. Donato (fuggito dalle grinfie?) dall’ex Ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla (quella del geniale sito www.italia.it, per intenderci) a Francesca Pascale in Berlusconi, Dudù si è ben presto accorto di essere passato dalla padella alla brace. Lui che voleva vivere una modesta e dignitosa vita da barboncino si trova ora al centro dei riflettori della stampa italiana. Accecato dai flash dei fotografi, fintamente strapazzato dalla sua padrona, coccolato compulsivamente da un vecchio leader affetto da priapismo pre-senile, Dudù vive la sua esistenza a Palazzo Grazioli come la reclusione coatta in una bolgia dantesca. Si dice che, alla notizia della condanna di Berlusconi e alla sua probabile permanenza agli arresti domiciliari, al povero Dudù sia preso un coccolone, e che sia stato rianimato soltanto dall’intervento del medico personale di Berlusconi, il mitologico Dottor Zangrillo (quello che se ne stava in socia con Don Verzé, per intenderci…). Il povero Dudù, quindi, passa le sue giornate in uno stato di depressione costante, scagazzando in lungo e in largo così da riempire di escrementi Palazzo Grazioli. Imitando, per quanto sia concesso alle sue modeste dimensioni, la pratica preferita del padrone. Esercitata su larga scala in tutto il suolo nazionale. Inutile dire che la presenza di Dudù è funzionale al Berlusca politico come lo fu quella del Milan negli anni ’90. Con la differenza che non c’è più bisogno di comprare Gullit, Van Basten e Rijkaard per destare l’attenzione mediatica di un certo nugolo di vecchie, di spettatori lobotomizzati e di Emilio Fede, bensì basta raccogliere un po’ di escrementi da terra e farsi vedere sorridente con il barboncino sull’orlo di una crisi di nervi in grembo. Non temere, caro Dudù, tieni duro! Arriveranno nuove elezioni e, una volta che non sarai più funzionale al progetto, tornerai in libertà! Hasta la Vicctoria! Siempre!

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la depressione fattasi barboncino/l’asfalto drenante fattosi cuoio capelluto/si sta come d’autunno sui marciapiedi/occhio alle merde di cane

E così, cari amici, siamo giunti alla fine di questa carrellata di personalità canine legate alla storia dell’Umanità e della Politica. Le cose vanno così, e vanno male. Chissà per quanti anni ancora il tabù canino prolifererà nelle nostre esistenze e nei media italici che ci circondano, ma tant’è. L’originalità giornalistica in Italia è un ossimoro, e noi di ossimori viviamo e con gli ossimori ci riproduciamo. Altro che l’Alberto Sordi di morettiana memoria, siamo finiti con il meritarci Dudù. Empy, Ciccio Grigiotto, Vito Crimi e compagnia zoologica varia. Ma questo è il nostro paese, un grande paese fatto di amanti degli animali, di pasta scotta e di spot pubblicitari. La soluzione per sopravvivere a tutto ciò? Presto detto: litigare con qualcuno. Tyler Durden docet.

E ora, buon litigio. E che il bipolarismo sia con voi…

 

Andrea Gratton

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