E tu che tifoso sei?
I tifosi (homo tifosus, 1857) sono una classe di mammiferi apparsa sulla Terra intorno al XVII secolo. In realtà alcune testimonianze di homo tifosus si hanno già a partire dall’Antica Grecia. In occasione dei Giochi olimpici antichi, infatti, come aveva più volte raccontato Giulio Andreotti (medaglia d’oro al Pancrazio nell’edizione del 215 a.C.), erano usuali i cori come «Che si vinca o che si perda, forza Atene, Sparta merda», oppure «Chi non salta, un Corinzio è!».
Tuttavia, è soltanto negli ultimi decenni che il tifo sportivo, principalmente calcistico, è penetrato nella vita sociale occidentale come una brutta malattia che causa epidemie in società sottosviluppate. Come il tifo, appunto. Una ricerca dell’Università del South Carolina ha recentemente stabilito che, per comprendere meglio un fenomeno endemico, sia necessaria la suddivisione in macro-categorie. A dire la verità, una studio dell’Università dell’Arkansas ha anche stabilito l’inattendibilità scientifica delle recenti ricerche dell’Università del South Carolina, ma non è di dispute tra intelletualoidi che mi vorrei occupare.
Quelle che seguono sono le principali macro-categorie del tifo calcistico occidentale.
– L’ULTRAS
Rigorosamente scritto con la s finale, l’Ultras è il tifoso per eccellenza. Non avendo una normale vita sociale/lavorativa, o comunque non dimostrando di averla, questa tipologia di tifoso vive la settimana aspettando la domenica. Arrivato il giorno della partita, si trasforma in un incrocio tra una bestia selvatica e Beppe Grillo. Come i bulli pre-adolescienziali, preso singolarmente, l’Ultras è praticamente innocuo. Ma è quando sta con i compagni di tifo che esce la sua vera anima. In realtà di calcio non ne ha mai capito un cazzo, anche perché durante la partita è impegnato a dirigere i cori dando le spalle al campo da gioco, in caso si tratti di capo-ultras; oppure, nel caso di un ultras normale, di guardare il capo-ultras.
– L’ALLENATORE MANCATO
Questa specie di tifoso è tra le più diffuse, ed è molto fastidiosa. L’allenatore mancato vanta un’esperienza decennale di tifo calcistico, pertanto si sente in grado di dare un giudizio serio ed esperto sulla partita. Trovarselo seduto vicino in tribuna è molto pericoloso per gli individui particolarmente sensibili al giramento di palle. Se la sua squadra del cuore non sta giocando bene, l’allenatore mancato è in grado di stabilire precisamente quale sia l’errore tattico della squadra, e solitamente indica un giocatore preciso come capro espiatorio. Se poi la squadra del cuore riesce a vincere grazie ad un autogol del portiere avversario, che in un momento di smarrimento aveva insaccato il pallone in rovesciata verso la sua porta, allora l’allenatore mancato riconoscerà il merito alla sua squadra, che, a detta sua, avrà saputo interpretare meglio la gara.
– L’ESTEROFILO
Tipologia di tifoso che per colpa di internet si sta pericolosamente diffondendo a macchia d’olio. L’esterofilo, come si può intuire, rifiuta categoricamente il calcio italiano, e ha abbandonato la sua squadra d’infanzia per tifarne una straniera. Solitamente si tratta di individui già poco avvezzi alla società (solitari, sociofobici, misantropi) e perennemente in combutta con la categoria dell’Ultras, che difende invece il principio campanilista sintetizzato nello slogan «support your local team», in inglese perché fa più figo. Capita spesso che, dopo un breve periodo passato a tifare una big (Real Madrid, Chelsea, Bayern), il nostro esterofilo si renda conto che tifare tale squadra, anche se dall’estero, è ancora troppo mainstream per i suoi canoni, e che quindi, per rimediare a questo conformismo, vada a tifare per una squadra che non si caga proprio nessuno, andando volentieri a finire nelle seconde/terze serie straniere. Nascono così le tifoserie italiane del Leyton Orient, del Munchen 1860, del Wrexham (si scrive proprio così), e del Salamanca. È un po’ come se un tedesco si mettesse a tifare per il Feralpi Salò.
– LO SPORTIVO
Il tifoso sportivo si autodefinisce come tifoso occasionale e abbastanza disinteressato. «Ma sì, in realtà io non è che “tifo”… Qualche volta seguo qualcosa, così, per passare il tempo». Grande millantatore delle sue virtù di sportività e correttezza, tenta in qualche modo di erigersi sopra le altre categorie, sentendosi superiore a qualsiasi altro appassionato di calcio. Questa necessità di giustificare in qualche modo l’abbonamento allo stadio è dettata principalmente dalla volontà di scendere ad un compromesso per conciliare la sua passione sportiva con le donne, che per definizione non possono sopportare il calcio. Nella realtà, quando questo individuo si reca allo stadio, si trasforma in una bestia feroce e pericolosa. La sua vera identità si manifesta anche solamente davanti alla televisione, bestemmiando in caso di sconfitta, e bestemmiando in caso di vittoria (in realtà quella del “bestemmiatore” è una sotto-categoria piuttosto trasversale).
– IL DISFATTISTA
La vicinanza a questa specie è particolarmente sconsigliata agli individui scaramantici. Grande portatore di sfighe, il disfattista comincia a guardare la partita già sapendo come andrà a finire. La sconfitta è inevitabile, ma non basta. Contro la sua povera squadra si sono schierati gli arbitri, la Lega Calcio, i giornalisti e il governo. Per certi versi è il complottista da stadio. Anche se la sua squadra dovesse fare bene, il disfattista è assolutamente convinto che a fine campionato sarà retrocessa per colpa dei poteri forti. «…Siamo scomodi!» illustra amareggiato ai suoi vicini di posto. Pessimista fino all’osso, se la sua squadra passa in vantaggio egli non esulta, perché è consapevole dell’immediata rimonta avversaria in arrivo. Anche in caso di vittoria egli non è mai particolarmente contento, perché tanto sa benissimo che si è trattato solo di un caso e che, nella domenica successiva, gli arbitri, per vendetta, regaleranno come minimo 7 rigori alla squadra avversaria.
– IL TIFOSO GIUSTO
Il tifoso giusto è composto e corretto. Segue il calcio come se fosse davvero uno sport, va allo stadio per sostenere la sua squadra preferita e non insulta mai quella avversaria. Se l’arbitro concede un rigore agli avversari, il tifoso giusto presume che il fallo ci fosse davvero, o che al massimo si sia trattato di un errore dell’arbitro. D’altronde, però, egli comprende benissimo che fare l’arbitro è un mestiere difficilissimo, e quindi ci passa sopra. A fine partita applaude la squadra avversaria perché hanno giocato meglio, e se ne torna a casa contento di aver visto una bella partita.
No, il tifoso giusto non esiste. Questa categoria è totalmente inventata apposta per te. Sì, perché in fondo, mentre stavi leggendo eri pienamente convinto di rientrare in questa categoria, ti senti superiore rispetto a tutte le altre categorie. Invece no. Il tifoso giusto, nel calcio, non esiste. Se segui il calcio devi rientrare per forza in una delle prime cinque categorie, fattene una ragione. Io me la sono fatta. Forza Doncaster Rovers.
Gerardo Canteri