In quarantena non si scopa
C’era una volta Sabrino (nome di fantasia), un ragazzo di 33 anni che non scopava da quattro. Non era un brutto ragazzo ma era molto sfortunato.
Quando macciava una tipa su Tinder che sembrava carina poi quella si rivelava un bidone dell’umido, quando invece era carina e ci poteva anche stare di fare roba, era lui quello che a lei faceva schifo.
Fuori da Tinder era molto timido. Chiedere a una ragazza di uscire gli costava svariati gin tonic o negroni e né il suo portafogli né il suo fegato approvavano.
Non ho detto che questa è una storia vera.
L’altro giorno era sabato. La quarantena sarebbe cominciata solo qualche giorno più tardi. Sabrino era in centro con due amici. Anni fa sarebbero stati di più ma crescendo le grandi compagnie si disfano come la neve quando fa caldo. Una volta si disfavano quando qualcuno degli amici della compagnani trovava figa, ma così era più bello.
Quello che ha reso eroiche le grandi compagnie della nostra giovinezza era la spregiudicata voglia di figa. Bastava però che un solo membro appagasse quelle bramosia e con la figa a presso moriva ogni eroismo. Dopo, resta solo uno sterile naufragare per i bar del centro.
I suoi due amici erano fidanzati ma quella sera non c’erano le donne. Sabrino invece era single. Ma che non scopava l’abbiamo detto.
Anche il sesso, come tutte le altre cose, crescendo sposta la bilancia della soddisfazione dal piatto della quantità a quello della qualità. Quando sei giovane va bene una birra scadente purché sia tantissima. Quando invecchi invece basta un bicchiere di vino pregiato. Con la figa il discorso è simile. Si passa da all you can fuck a all you need is love. Ma forse questa teoria vale solo per Sabrino e i suoi amici.
Sabrino nel locale vede una ragazza che conosce e vicino a lei una ragazza bellina. Con la scusa di salutare la ragazza che conosce si presenta a quella bellina. Il suo nome è Prinni.
Prinni ha un viso modesto ma due tette giganti che premono da sotto allontanando i lembi del collo del cardigan.
Non so cosa si sono detti lei e Sabrino, sospetto che fosse qualcosa di molto interessante perché hanno continuato a dirselo anche il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Questa volta però al telefono.
Prinni e Sabrino, pur vivendo nella stessa città, abitavano un pochino distanti e con il lavoro e tutte le altre rotture di coglioni della giornata non sono riusciti a vedersi già il giorno dopo né quello dopo ancora. Dovevano farlo giovedì sera a casa di lei.
Lui già pregustava l’interruzione della sua astinenza sessuale che durava ormai da quattro anni quando il governo ha imposto la quarantena. “Peccato”, disse Sabrino al telefono con Prinni. Ma dentro di sé pensava “P……..”.
L’ho già detto ma lo ripeto. Questa è una storia vera quindi molto triste perché Sabrino (nome di fantasia) esiste veramente e pensare cosa significa per lui quarantena dovrebbe farci sentire tutti un po’ più felici della nostra.
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