La fenomenologia dell’imene (o dell’inetto 2)
Mentre realizzate il vostro sogno estivo postando su facebook foto fatte con l’applicazione instagram per I-phone per I-hipster delle vostre meravigliose vacanze sul kilimangiaro o in Grecia mentre saltate contenti e abbronzati, c’è gente che non ha ferie. Cazzi tuoi, tanto piove.
Vabbè, per fortuna che l’inetto in vacanza è bellissimo, col suo cagnolino e la maglietta dei Bloody Beetroots che ha comprato alla bancarella in spiaggia ti rallegra la giornata. E poi se pensi a quando fra qualche anno muterà allo stadio di umarell e ti bevi una pina colada stai ancora meglio. Non fa né caldo né freddo, in effetti.
Questo per dire che ormai, nella nostra società castrata da Sara Tommasi (di cui sono veramente fan), l’inetto non fa neanche più scalpore. Mi dispiace, uomini, ma non vi si riconosce neanche più. C’è una confusione generale nelle cervella degli uomini che pensare a Paolo Limiti col suo cane parlante fa tenerezza quanto il cane della Storia Infinita. La depilazione, la palestra, l’abbronzatura, la maglietta attillata col tessuto stretchy, i sandali, i sandali coi calzini, il borsellino, il portafoglio della guesse che non ha lo stesso simbolo della gucci, le meches, le spadrillas, qualsiasi metodo che voglia nascondere la calvizie che è invece ormai troppo evidente, andare ai concerti dei Modena City Ramblers quando hai passato i 30 anni, incitare l’attività di Gabry Ponte il dj, il costume con lo slip che timido vuole mostrare il pacco, le camicie a quadretti ritrovate a Seattle sui cadaveri di Kurt Cobain e Layne Staley, le barbe incolte che ci trovi i pezzi di salame della sagra dell’altra sera, ancora quei cazzo di dilatatori sulle orecchie, il profumo, la realizzazione nel fare il barista al bar del centro, il parlare di figa come se non fosse lo stesso posto dal quale provieni e al quale tornerai, questi sono fenomeni banali che non fanno neanche più ridere e che ormai hanno inserito nel volume di storia di quinta, quello sul XXI secolo. Quello in cui spiegano come la differenza dei generi si è estinta perché il genere uomo ha scelto di evolversi nel genere femmina e facciamo tutti parte della stessa merda, a parte i gay che sono gli unici che tengono in mano la situazione. Quello dove, nel fascicoletto di approfondimento, spiegano che la causa che ha portato all’estinzione dell’uomo non è che il suo colore preferito sia il rosa o che al mattino passi un’ora allo specchio a pettinarsi i baffi, quello lo definiscono puccioso. Il problema, dicono, è che l’uomo ha l’aspetto da quarantenne, facciamo anche da trentenne dai, ma l’unico scopo che ha nella vita è passare dal ragù in tupperware cucinato dalla mamma a quello cucinato dalla moglie.
Poi è chiaro, bisogna essere onesti nel riconoscere che comunque si sono costituiti tutti qui movimenti di resistenza come i punk a bestia, i medici/avvocati/notai che lavorano nello studio di papà, i laureati in lettere o quelli che studiano per diventare prete che, contrariamente agli altri, hanno dei valori nella vita.
Si capisce dunque perché hanno scelto d’intitolare il nuovo volume del libro di storia e il suo fascicolo di approfondimento “Fenomenologia dell’imene: da Patrick Swayze a Saviano che lotto contro la gomorra rischiando la vita ogni giorno per tenerci informati sulla verità”. Per fortuna che, alla fine del libro, hanno inserito il dvd con la filmografia di Sorrentino.
Fenomenologia dell’inetto (prima parte)