Cosa succede a un uomo quando torna single (pt.2)
Da fidanzato mi ero dimenticato della solitudine che permea ogni bar degno di questo nome. Io che mi ero abituato a osservare con disprezzo quelle forme di vita senza partner (e quindi meritevoli di soccombere all’evoluzione), ebbro di quell’arroganza tipica che travolge chi vede un barlume di gnocca e pensa di essersi conquistato la luce del paradiso. Quale stoltezza! Ora avverto una sensazione strana entrando nel solito bar.
“No io non ero mica come loro, io avevo più classe e dignità” è il primo pensiero che mi sovviene mentre osservo quei poveri disgraziati intenti a limonare con una birra e a spogliare con gli occhi qualunque essere in gonnella si palesi. Depravati che venderebbero la propria madre per un accenno di capezzolo. Cavoli, sono proprio come me, ma morirò prima di ammetterlo a voce alta.
Un po’ come succede coi miei amici, quando additiamo le nuove leve di bimbiminkia e cerchiamo una magra consolazione al tempo che passa inesorabile con un “Eh ma noi non eravamo mica così”. Va bene, non avremmo avuto gli iphone, i social, i pokemon sul cellulare, Justin Bieber o l’olio di palma ma questo non ci ha mai impedito di danneggiare pesantemente i nostri neuroni.
E così eccomi qua, aspettando un po’ di quella saggezza sulla vita, l’universo e tutto quanto che solo i tuoi amici sanno darti. Soprattutto sulle donne, perché è risaputo che il bar è il centro educativo della sessualità per i maschi. Tutti promossi alla teoria. Per la pratica, invece, passano pochi eletti e raramente sono gli amici che frequenti più spesso. Quindi devi racimolare i consigli che ti capitano e amen. Ma non voglio mica lezioni, ora come ora, vorrei solo un po’ di consolazione.
“Dai su chiusa una porta si apre un portone” è la prima perla di saggezza che sento sopraggiungere alle mie spalle. Che poi associare la grandezza della porta in proporzione alla fortuna è un chiaro errore logico. Una fallacia, ma non posso dire questa parola senza scatenerare risatine. A me stesso in primis. Purtroppo è solo l’inizio. Altri amici mi si avvicinano:
“Il mare è pieno di pesci” Già, manca solo l’esca
“Eh dai ti sei divertito almeno. Non è che per caso aveva problemi col discorso lato B?” Domanda inopportuna, ma intelligente
“Ma si, ci sono passati tutti”
Ecco quest’ultima è sempre stata la mia preferita, nel solito campionario di frasi fatte. Come se l’idea di condividere un’esperienza dolorosa universale potesse farmi sentire meglio. E’ la logica del “siamo tutti nella merda ma se vedo il mio vicino immerso fino al collo sento meno l’odore”. Un pensiero altamente egoistico malamente camuffato da altruismo. Dovrei sentirmi meglio sapendo che abitiamo in un mondo freddo e spietato? Tranne per quel tizio in fondo che conosco, lui ciula che è un piacere.
Metto alla prova i miei demoni con una birra rossa. Noto che sanno nuotare. Ne ordino un’altra, per vedere come se la cavano col dorso. I miei amici impugnano un boccale a testa e francamente è la cosa più saggia che potessero fare per me. E quei tavoli di ragazzi disaccoppiati, se non addirittura single, fanno lo stesso. Non sembrano così tristi, dopotutto. Come un novello Lucifero scacciato dal paradiso, eccomi qua di nuovo tra i miei fratelli caduti. Un’altra notte di sventura e buon umore.
Qualcuno controlla nevroticamente il cellulare per vedere quante ore, se non giorni,sono passati da quell’innocente “Ciao come stai?” scritto a una tipa qualunque su facebook, ma nulla lo convincerà a rassegnarsi all’idea di essere inscopabile agli occhi di lei. Qualcun altro ricorda con nostalgia un futuro mancato da calciatore professionista, futuro che gli è stato negato dalla malasorte, non certo dai suoi piedi simili a ferri da stiro e dalle 10 marlboro in 100 metri piani che era solito consumare nel riscaldamento ed erano tornei di Pes. In fondo è giusto così. Del resto il cielo notturno non starebbe nemmeno assieme senza queste piccole grandi illusioni.