Se un gol di Balotelli vale un punto percentuale in campagna elettorale
“Gli italiani perdono le guerre come fossero partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”. Così si esprimeva Winston Churchill, più di mezzo secolo fa, per descrivere la nostra particolare inclinazione verso lo sport più seguito al mondo. Ma se il grande statista inglese fosse vissuto fino ai nostri giorni probabilmente avrebbe aggiunto, tra un bicchiere di Scotch e una tirata di sigaro, che noi italiani ci prepariamo alle elezioni come fosse la fase a gironi della Champions League.
Nel film Il Gioiellino, la pellicola del 2011 di Andrea Molaioli che ricostruisce il caso Parmalat, Toni Servillo sottolinea come ogni grande azienda debba possedere una squadra di calcio per considerarsi tale. Berlusconi, patron del Milan, ha fatto sua questa regola anche per la politica. Nonostante la nazionale italiana abbia vinto il mondiale proprio nel 2006, ovvero durante il governo Prodi, nessuno come il cavaliere ha intessuto delle maglie tanto strette tra pallone e consenso.
Basta tornare al 2009 e alla mancata cessione al Manchester United della stella rossonera Kakàproprio a ridosso delle elezioni. A più di qualcuno venne il sospetto che Berlusconi avesse voluto evitare un crollo di voti a causa della possibile dipartita del pallone d’oro. A giugno poi, ad elezioni ormai vinte, Kakà abbandonò Milano per la più temperata Madrid del ricco Real.
Quest’anno, ancora una volta, il calcio-mercato sembra essere un grande protagonista della battaglia politica, in grado di destabilizzare l’equilibrio delle coalizioni più di un’alleanza con Casini. L’acquisto di Balotelli infatti è stato visto immediatamente come un geniale colpo di Berlusconi per raschiare ancora qualche voticino nella sua compagna, e i sondaggi, che hanno registrato dopo questa mossa un aumento del 2% per il Pdl, sembrano dare ragione al cavaliere.
Ora, se l’incremento è stato del 2% e Balotelli ha segnato una doppietta proprio l’altra sera, all’esordio con la maglia del Milan, si potrebbe dire, utilizzando un sillogismo ben poco aristotelico, che ogni gol di Supermario vale un punto percentuale. Fossi Silvio cercherei di cavalcare fino in fondo l’onda generata dall’attaccante della nazionale, magari mandandolo a Porta a Porta, o da Santoro.
Sarebbe interessante vedere Balotelli, che come lui stesso ha dichiarato non si è mai interessato di politica e non ha mai votato, dissertare di IMU e difesa a zona circondato da Maroni e da Ingroia.
Comunque è da augurarsi per gli avversari del centro-destra che la sua vena realizzativa si sia già esaurita almeno fino a fine febbraio, e tornando al sillogismo di prima, è da ringraziare il cielo che Berlusconi non si sia impegnato nell’acquisto di Messi. Con i 92 gol segnati dal fenomeno argentino lo scorso anno sarebbe stata dura per tutti competere contro un programma calcistico a livello di quello di Berlusconi, che con un 92% sarebbe anche in grado di nominarsi Papa.
Articolo pubblicato su Tiscali