Arte

6 pittori con una storia triste

I pittori sono personaggi affascinanti perché da qualcosa di deprimente – la vita – traggono opere talmente belle da rendere migliore la vita stessa. Producono cioè delle cure palliative alla tristezza a partire dall’identica tristezza su cui poi agiscono. Nonostante questa grande qualità, spesso la loro esistenza è particolarmente merdosa. Quelli che stanno peggio sono i pittori scarsi, il cui nome nessuno conoscerà mai e di cui non ce ne frega un cazzo. Invece è interessante concentrarsi sulle storie di 6 pittori famosi che hanno avuto un destino talmente triste da insegnarci qualcosa.

vangogh

#1. Leonardo da Vinci

Leonardo da Vinci era un genio, oltre che il responsabile della prima fonte di incasso del Louvre di Parigi. Proprio la Gioconda è la maledizione di un artista che da solo aveva più neuroni di tutti i deputati della Lega Nord messi insieme. La persona rappresentata nel quadro dovrebbe essere una donna, ma o è davvero cessa o è un maschio. Da qui sono nate mille speculazioni e altrettanti libri di Dan Brown. Leonardo da Vinci ci insegna che puoi essere un inventore brillante, un pittore incredibile, un genio assoluto, ma alla gente interessi solo quando si tratta di capire da che parte ti tira il pisello.

#2. Nicia

Se il nome di questo pittore dell’antica Grecia non vi dice nulla, forse avete capito perché è stato incluso nella lista. Di Nicia sappiamo che era parecchio bravo, un Totti della pittura. E basta. La fama è tutto ciò che rimane di lui, perché i quadri suoi e di tutti gli altri pittori dell’antichità sono andati distrutti nel tempo. Non è carino essere un genio del tuo settore e sapere che delle tue opere non rimane nulla. Se noi ci incazziamo da morire quando Word si impalla facendoci perdere 10 minuti di lavoro, Nicia deve stare molto peggio.

#3. Picasso

Come si diceva all’inizio, l’artista è chi fa cose belle a partire dallo schifo. Il quadro simbolo di Picasso, Guernica, raffigura proprio una cosa evidentemente non molto carina come la guerra civile. Grosso modo si tratta della rappresentazione splatter di un bombardamento in cui l’autore ha evitato di dipingere il sangue, ma solo perché in bianco e nero avrebbe fatto meno effetto. Rimane il dato che le cose più belle nascono dalle cose più brutte. Sarebbe anche consolante, non fosse che un quadro non sarà mai tanto bello quanto è brutto un bombardamento. In sintesi: le cose vanno sempre più male che bene.

#4. Michelangelo

Michelangelo aveva moltissime doti, tra cui quella di essere un ottimo scultore. E’ lui che, dopo aver creato una statua di Mosè particolarmente realistica, si mise a prenderla a martellato urlando: “Perché non parli!?”. E’ vero che per eccellere in un campo bisogna diventare dei fanatici, degli scoppiati dediti solo al proprio scopo. Però credere che una statua possa mettersi a parlare è solo indice di un cervello dimenticato a mollo nella merda. Michelangelo ci regala un grande insegnamento: essere dei fenomeni è figo, ma, se il prezzo è uscire di testa, forse la mediocrità non è poi così male.

#5. Toulouse-Lautrec

E’ il più sfigato di tutti. Toulouse-Lautrec, nato da una famiglia aristocratica, era alto un metro e mezzo, aveva i coglioni ipertrofici e non se lo cagava nessuno. Ma possedeva parecchie qualità e gli piaceva andare a mignotte. Praticamente è il Tyrion Lannister della pittura. In effetti lui nei bordelli era felice, ci viveva e, a differenza dei suoi contemporanei, non giudicava chi ci lavorava dentro, al massimo lo dipingeva. Ma le cose belle non durano e il nanetto, già alcolizzato, si prende la sifilide, impazzisce e muore. Della sua triste fine possiamo incolpare la società che è cattiva con i più deboli, la vena artistica che porta sempre sfiga o i medici incompetenti. Ma la verità è che se Toulouse-Lautrec fosse stato normalmente alto, invece di dipingere sarebbe diventato ministro o generale. Vivere la vita 20 centimetri sotto il resto del mondo è un lavoro per uomini duri.

#6. Van Gogh

Van Gogh è il pittore tormentato per eccellenza. Senza un soldo per tutta la vita, dipinge quadri incredibili sotto l’influsso di una psiche ridotta a spezzatino. Ha il cervello bruciato e nel tempo libero si mozza pezzi di orecchio dopo i litigi con il suo amico Gauguin, regalandoli ad una prostituta con cui andavano entrambi. Alla fine fece la cosa più sensata: si sparò. Il successo arrivò dopo la morte. Come spesso accade, i pittori in vita non se li fila nessuno, è quando muoiono che diventano dei geni assoluti. Van Gogh e la sua gloria postuma sono come un ragazzo andatosi a ficcare in una storia incasinata. Lei è una cagna e lo tradisce pure con le maniglie delle porte. Lui uno zerbino che si fa addirittura lasciare. Dopo mesi di umiliazioni, proprio mentre lentamente prova a riprendersi, si rivedono per un caffè e lei gli confida: “E comunque ho amato solo te.” Bang.

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