5 delle band che caratterizzeranno questi anni.
Sei stanco delle solite canzoni di merda che si ascoltano ovunque (alla radio, sui video più visti di Youtube, dal tamarro con il cellulare su un mezzo pubblico, in un qualsiasi locale, dai casi umani stonati che vogliono umiliarsi al karaoke, et similia)? Vorresti fare il figo con i tuoi amici/conoscenti, mostrando loro di sapere qualcosa? Vorresti emergere dalla mediocrità (almeno, musicalmente parlando) che ti attornia? Già che ci siamo, vuoi conquistare anche un sacco di gnagna/fava a seconda dei gusti, mostrando una superiore cultura musicale? Questo articolo sembra fatto proprio per te! Con questi semplici consigli/illuminazioni/ordini farai un figurone garantito, e ti innamorerai follemente di 5 gruppi caldamente recensiti.
The Lumineers
Alzi la mano chi non ha mai sentito Ho Hey. (Ehi, tu, là in fondo, ti ho visto. Vergognati. Vai ad ascoltare Gigi D’Alessio, va là!) Questa canzone allegra e travolgente, estratta dal loro omonimo primo album The Lumineers, è stata diffusa e apprezzata in tutto il mondo, conquistando pubblico e classifiche: disco di platino in Canada e Stati Uniti, usato per numerose pubblicità e in episodi di molte serie Tv (Heart of Dixie, Bones)questo singolo indie esprime appieno tutto il talento del trio indie-folk di Denver. Talento che non si esaurisce certo in questa canzone: altri pezzi come Stubborn Love, Big Parade e Submarines meritano altrettanto amore e dffusione, perché, per dirla nel gergo moderno, ‘spaccano veramente zio!’. I recenti loro concerti (sono stati il 9 Luglio al Circolo Magnolia di Milano, data a cui il vostro amato(?) scrittore(???) non ha assolutamente potuto mancare) hanno dimostrato come stessero davvero lavorando ad un nuovo album, prossimamente in uscita. Imperdibile.
Allegri
Of Monsters And Men
Per cosa è famosa ultimamente l’Islanda? Ghiacciai, vulcani dal nome impronunciabile che paralizzano l’Europa, e loro. Senza nulla togliere a gente come Bjork e Sigur Ròs (per dire, il singolo Little talks ha raggiunto la posizione #6 nella classifica Billboard 200, come mai nessun artista islandese aveva mai fatto. Così, per far sapere che questi non mollano un cazzo), questo gruppo indie/pop-folk riesce a rinnovare la tradizione musicale islandese con un ottimo sound dal forte impatto emotivo: Little Talks è molto orecchiabile e, per dirla all’inglese, catchy, con una serie di fiati e coretti in cui sembra che la voce femminile e quella maschile si completino sempre a vicenda; questa contrapposizione tra le due voci è presente anche in Mountain Sound, canzone molto più pop, ma non per questo meno piacevole. From Finner riprende alcuni canti tipici della tradizione norvegese, parlando infatti di una balena che viaggia attraverso il mare con la sua casa sulla schiena. Tutte le loro canzoni sono molto melodiche, e cercano di esprimere quello che in realtà è il mondo islandese: per dirlo con le parole di Nanna Bryndís Hilmarsdóttir, la cantante e chitarrista, ‘L’Islanda può essere un paese molto isolato che si esprime in musica’.
Ah, dimenticavo un ulteriore motivo per ascoltarli: il cantante somiglia a Samwell Tarly. (Se non sapete chi sia, siete delle persone orribili. Fate qualcosa di utile nella vostra vita, e guardate Game of Thrones. O meglio ancora, leggete Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Così poi non vi lamentate degli spoiler.)
Emozionanti
Mumford & Sons
Devo davvero presentarveli? Sul serio? C’è qualcuno che non li conosce? Se è veramente così, allora ci meritiamo che in Italia esistano elementi come i Dari, o i Sonhora (o Shonora. Altri addirittura li chiaman Sonhohrah… (cit. d’obbligo.)). Il loro primo album, Sigh No More, è un capolavoro; Little Lion Man, Winter Winds, Awake My Soul, Sigh No More,… : potrei commentare ogni singola canzone di questo album, innovativo, appassionante, stupendo. Mi basta solo dire che ha venduto più di un milione di copie. Dopo 3 anni da questo, ecco il ritorno e la riconferma di questo quartetto indie-folk londinese: Babel. Vincitore del Grammy Award del 2013 come ‘Miglior Album’. Lover’s Eyes, Lover of the Light, Hopeless Wanderer sono canzoni romantiche, sentite; una volta ascoltate non si può fare a meno di immedesimarsi, di cantarle a squarciagola, soprattutto i cori fatti a più voci. In questo album, e specialmente in queste canzoni, così come in Ghosts That We Knew, si alternano magnificamente riff strumentali, arpeggi di chitarra classica, pezzi cantati con sentimento, e, in conclusione di tutto, in un crescendo pazzesco, incredibili urla liberatorie. Difficile trovare un altro gruppo che riesca a trasmettere così tante emozioni sincere e umane, con una tale musicalità e bellezza delle canzoni. La notizia che intendono ritirarsi ha colto tutti di sorpresa, quasi come un rigore non fischiato al Milan: tutto ti saresti aspettato tranne una sospensione dell’attività live e un ritiro dalle scene, che in tanti speriamo momentaneo. Ma come dicono proprio loro, I Will Wait. Io aspetterò. Se li conoscete, diffondeteli il più possibile. Se non li conoscete, iniziate ad amarli.
Carismatici.
The Vaccines
Rimaniamo sempre nella perfida Terra di Albione per il prossimo gruppo emergente: qualcuno di voi assidui lettori de l’Oltreuomo avrà giocato a FIFA 12. Ecco, una delle canzoni della soundtrack, Wreckin’ Bar (Ra Ra Ra), era la prima canzone estratta come singolo dal loro album d’esordio What Did You Expect From The Vaccines?: e già solo questo titolo dell’album dovrebbe farvi capire quanto questi quattro siano fottutamente cazzuti. If You Wanna e Wolf Pack mostrano il lato energico e allegro nonostante delusioni, mentre All In White (il video penso sia la cosa più hipster mai pensata dal genere umano) e Post Break-Up Sex ne caratterizzano l’aspetto malinconico. Le note più positive sicuramente sono Wetsuit, il cui video, ironicamente, è stato realizzato solo con Instagram prima che questi diventasse veramente (ah ah, hipster, beccatevi questa!) e la travolgente e appassionante Norgaard, 100 secondi di totale e assoluto eargasm (Se pensate siano pochi, avete ragione. Ma sappiate che in quell’intervallo di tempo io faccio sesso almeno 3 volte.). Dopo un album così incredibile, era difficile soddisfare le aspettative per l’album successivo, e infatti così è stato: Come of Age, pur essendo un ottimo album, non è al livello del suo fratello maggiore. No Hope e Teenage Icon raccontano la frustrazione di non riuscire a piacere agli altri, di non andare bene, di non essere creduti: in sostanza, mostrano la difficoltà di crescere e diventare maturi. Si riprendono subito però con l’ultimissimo singolo Melody Calling, che anticipa e fa prevedere un altro album in completamento. La speranza, e quasi la certezza, è che riusciranno a confermarsi ad altissimo livello, sia internazionale che inglese, soprattutto sulla scena indie: sembra facile, ma ricordiamoci che negli anni ’90 in Inghilterra c’era l’eterna sfida Oasis-Blur. Ovvio, nulla a che vedere con quello che succedeva in Italia, dove la disfida Vasco-Ligabue per chi facesse più cagare continua imperterrita fino adesso. (E in questa sfida, io sono per lo schieramento Viva-La-Musica-E-Anche-La-Gnagna).
Energici
The Strypes
‘Ma cazzo, ma te scrivi solo di gruppi Indie? Monotematico, banale, scontato! Non scrivere mai più!’ Se la pensate così, avete assolutamente ragione. E per cercare di farmi perdonare, l’ultimo gruppo consigliato è irlandese, di puro rock’n’roll: The Strypes. Si ispirano a gruppi come Rolling Stones, The Yawbirds, Chuck Berry e il tipico rock da pub degli anni ’70, senza disdegnare alcune influenze molto più moderne; li potreste paragonare ai The Strokes, ai The Fratellis, oppure agli Arctic Monkeys (gruppo a cui suoneranno come apertura a Milano, il 13 Novembre, al Mediolanum Forum), ma la verità è che loro sono unici. Sono loro fan gentaglia come Jeff Beck, Noel Gallagher, Dave Grohl, Miles Kane: insomma, gente che qualcosina di musica, e soprattutto di musica buona, ci capisce. Il loro è un rock’n’roll energico, puro, passionale, travolgente: ci si mette poco a farseli piacere, molto ma molto ma molto ma molto di più a dimenticarsene, e a trascurarli. Teneteli veramente d’occhio. È appena uscito il loro album d’esordio, Snapshot, i cui singoli estratti Hometown Girls e Blue Collar Jane hanno già riscosso ampio successo.
Ah, dimenticavo una cosa fondamentale: tutti e quattro sti irlandesetti del cazzo hanno meno di 19 anni. Sì, avete letto bene: sono appena maggiorenni. E in un mondo in cui come giovane star della musica si intende esclusivamente Justin Bieber o gli One Direction (di cui tra l’altro sono conterranei, o co-isolani. Che vergogna), direi che loro possono tranquillamente prenderlo a calci nel culo. E spero proprio ci riescano.
Promettenti.
Giovanni Villa