5 band di merda
Il mondo della musica, come molti altri campi, è pieno di merda. Cosa poi sia brutto o meno, a parte casi ovvi, si riduce alla soggettività supportata da qualche motivazione: nente di meglio per farsi qualche bel litigio al pub/far girare le palle al fan sfegatato di turno/essere picchiati dal gretto devoto al Blasco.
Ora, visto che ha preso piede il formato “le 5 band che…” ho deciso di scrivere un brutto articolo con le 5 band “che piacciono” di merda, e che magari sono fra le vostre preferite.
Quindi niente Nickelback o Justin Bieber, che altrimenti non c’è divertimento.
Mumford & Sons
“Ma come, son pure nell’articolo sui gruppi che segneranno questi anni!” beh, stigrancazzi. Balzati agli onori della cronaca per aver fatto la stessa canzone in ben 2 dischi, con tanti crescendo, aperture melodiche strappamutande e versi pieni d’amore e speranza; e soprattutto per la loro anima folk. Alla fine non fanno neanche folk ma un pop sicuro che trasuda U2 con banjo, contrabbasso e simili; invece di avere uno smanettone alla The Edge (o essere gli Editors e darsi al plagio totale) e tutti gli hardcore del genere, rimboccatisi le salopette di jeans e tiratisi su le maniche delle camicie a quadri (piaga ri-diffusasi negli ultimi anni) li odiano; per una volta son d’accordo con loro, sarà che ho la barba.
Recentemente si son pure presi una pausa perchè, fortunatamente, ci vogliono bene (oppure era perchè qualcuno di loro aveva problemi, ma in soldoni chissenefrega). Un mio caro amico disse che era musica per donne e omosessuali, non me la sento di controbattere.
I Cani/Lo stato Sociale
Parimerito, i secondi oltretutto già elogiati altrove. Su di loro Marlon Brando disse “L’Orrore, l’Orrore.” alla fine di Apocalypse Now, citando l’amico di bevute Joseph Conrad.
Entrambi musicalmente di merda, tastierine e basi synthpop fatte male e ripetitive, corredati da testi che non la danno a dire con luoghi comuni e dalle prese di culo allo stesso modo di vivere da loro intrapreso: I Cani canta(no) di velleità artistiche e poi fanno i video a poverata cantando che vorrebbero vivere in un film di Wes Anderson, mentre gli altri coglionotti de Lo Stato Sociale scrivono “Sono Così Indie” e poi fan la copertina con i triangoli perchè se non hai fra i coglioni non sei nessuno (ed è arrivato a mettere il triangolo in copertina pure Venditti).
Colpevoli entrambi del revisionismo storico sugli 883 che ci ha colpito l’estate scorsa, con allegate compilation di cover.
Per quanto mi riguarda preferisco il negazionismo: Gli 883 non sono mai esistiti.
Muse
Quando sentii in streaming The 2nd Law per farmi un paio di risate pensai “è la volta buona che ce li leviamo dai coglioni”. Mi sbagliai tantissimo, perchè sono ancora in giro e quest’estate ho sentito quell’aborto di Panic Station in giro di tanto in tanto, per non parlare di I Will Survive con intermezzo Brostep (la dubstep cafona, per intenderci) che l’aveva preceduta.
Esordendo con 2 dischi niente male, prima di far intravedere la loro pacchianeria orchestrale dapprima contenuta, poi esplosa del tutto. Andavo alle medie quando uscì Absolution, ed all’epoca mi piacevano pure un sacco, Black Holes & Revelations aveva ancora qualche pezzo buono, poi l’oblio, il cattivo gusto. E non venitemi a dire della colonna sonora di Twilight, che ha fatto “indignare” parecchi fan, perchè forse non avevano ascoltato United States of Eurasia.
Baustelle
Cristo, i Baustelle.
Partirono come la versione nostrana dei Pulp per poi finire a prendersi sempre più sul serio, fra citazionismo improbabile, magniloquenza e cazzate. Bianconi, che non riderebbe neanche di fronte ad un deretano schiacciato al vetro di una finestra, si diletta ormai nel provare persino il romanaccio (Contà l’inverni) nel loro ultimo, leggerissimo disco, chiamato Fantasma.
I tempi dello Ye-Ye sono lontani, e nonostante l’amore per Jarvis Cocker sia rimasto, vedasi il disperato tentativo del Bianconi di rubargli il look, il Nostro eroe di Montepulciano si riduce a cantare delle solite, allegre e poco disperate storie.
Talmente noiosi ed autocompiaciuti che non farebbe strano vedere il nostro amico Bianconi ammiccarsi allo specchio come un novello Patrick Bateman dopo la rilettura di un testo appena steso.
Thom Yorke/Radiohead
Dai, questa è una provocazione, oltretutto mi piacciono pure i Radiohead. Purtroppo soffrono, e soprattutto la figura del loro orbissimo frontman, di una delle peggiori maledizioni in assoluto: il fan cretino.
Questa piaga conta vittime illustri quali U2, Depeche Mode, Oasis (AKA: il Vasco d’oltremanica) ed altri; il povero Thom è solo un capro espiatorio, perchè i suoi fan ti fanno passare la voglia di risentirti qualsiasi cosa egli ed i suoi due gruppi producano.
Nell’ultimo tour dei Radiohead, quello del loro sottotonissimo “King Of Limbs” (reo di avere un gran predecessore) son pure andato a vederli a Firenze, purtroppo la presenza di bombette, cappelli buffi e frasi da culto era talmente alta da farti passare la voglia di essere lì. Ci son pure gruppi su facebook che recitano “Ai concerti dei Radiohead non si canta, si ascolta.”, mavaffanculo.
Ora che Yorke è impegnato con i suoi Atoms For Peace nella crociata contro Spotify, ed avendo dichiarato che una delle ispirazioni per la sua musica con Flea e soci era Fela Kuti, c’è stata la corsa tra i fan a condividere per primi i tribalismi su facebook e a cancellarsi dalla piattoforma di streaming musicale.
Yorkeology
Valerio Vallini