Come ogni festa programmata, Natale uccide gli ansiosi. A volte ammazza anche le persone normali.
Vediamo quali sono le 7 fasi dell'ansia natalizia.
Siccome senti odore di vacanza a scuola o al lavoro non fai un cazzo. Cioè, non è che non fai proprio nulla, diciamo che le consegne vanno in ibernazione pre festiva e il battito del tuo lavoro rallenta fino quasi a fermarsi. In questi giorni niente ansia, però la stai ipotecando per la fine delle ferie.
Ogni anno in questo periodo prometti a te stesso che poterai la tua lista di amici per non avere problemi con i regali. Solo che l'amnesia post brindisi di capodanno cancella tutto. Adesso hai l'ansia di risolvere almeno i regali principali, fidanzata e amante (leggi mamma). Quando esci di casa per gettarti nella guerra del last minute guilty gift ti sale l'agorafobia.
I Vangeli sono intrisi di metafore e allegorie. Per esempio Maria e Giuseppe che cercano una stalla dove partorire Gesù rappresenta l'angoscia che provi il 24 dicembre mentre bussi di negozio in negozio alla ricerca di quel regalo che non hai ancora fatto.
[caption id="attachment_7292" align="aligncenter" width="640"]Gli anziani o gli zii presenti, un po' per imbecillità, un po' per quella cattiveria peculiare delle sfide tra nuclei famigliari, vi riempiono di domande imbarazzanti al solo scopo di sottolineare l'inefficacia pedagogica dei vostri genitori (loro figli o fratelli). "Come è andata la pagellina? Aurora ha tutti 9", "non ti sei ancora laureato?", "quanto prendi per quello stage che stai facendo?", "Mio figlio Marco non è venuto perché è andato con la fidanzata in vacanza alle Seychelles. Tu perché non stai più con Monica?".
[caption id="attachment_7293" align="aligncenter" width="500"]Mi ricordo da bambino quella leggera eccitazione che accompagnava l'arrivo del natale. La mia fantasia era in fermento perché fantasticavo sui regali che avrei ricevuto. Infine arrivavano dei guanti di lana e io finivo con il chiudermi in un mutismo selettivo. Mi ero convinto che la vita non fosse altro che la miope aspettativa di qualcosa di bello, inevitabilmente distrutta dalla realtà. Una volta terminato l'asilo, ho imparato a non farmi più illusioni e da allora sono più allegro.
Il sunto di questa vicenda è l'importanza, nonché la difficoltà, di fare un regalo. Siccome il natale è alle porte è indispensabile affrontare questo tema (capite da soli che le primarie del PD a confronto sono un gioco da salotto). Quindi, come per ogni altro assillo della vita, l'Oltreuomo vi viene incontro e vi suggerisce quali errori evitare nella scelta dei doni natalizi.
Estremizzare un desiderio.
Questo è l'errore dei più facoltosi. Lei vi ha detto che le piace Max Pezzali ammiccando verso la locandina del concerto. Allora voi le acquistate i biglietti per il 90% delle date del Tour, tutta la discografia in CD, il vinile di Hanno ucciso l'Uomo ragno e il Blu Ray del film Jolly Blu con Sabrina Salerno e Alessia Merz. Un ottimo modo per mettere chiunque in imbarazzo.
[caption id="attachment_6871" align="aligncenter" width="619"]Regalare qualcosa di simile.
Capita quando non si conosce bene quello che si regala. Voglio dire, magari avete un fidanzato Juventino che butta lì il desiderio di andare a Torino a vedere una partita della Juve. Voi però abitate a Novi Ligure e quindi lo portate a vedere Genoa-Sassuolo perché è più comodo. Non è proprio la stessa cosa. Come se invece di quella seduta di massaggi Shiatsu lui vi regalasse una ceretta inguinale perché tanto è "sempre una roba di bellezza".
[caption id="attachment_6872" align="aligncenter" width="500"]Il regalo inconscio.
Mannaggia a Freud diceva Helmotz quando gli si spegneva la pipa. Il punto è che spesso si regalano cose che senza volerlo sono dei suggerimenti. Colpa dell'inconscio. Un set da barba al figlio hipster, un libro al fratello ignorante, un abbonamento ai contenuti extra di GialloZafferano alla fidanzata che non cucina o un maglione firmato al fidanzato che indossa solo felpe dell'Adidas. A volte però lo fate di proposito e allora siete un po' stronzi.
[caption id="attachment_6873" align="aligncenter" width="499"]Il finto regalo.
Se desiderate qualcosa quale occasione migliore per ottenerla che regalarla a qualcuno per natale? Questo tipo di regalo si manifesta solo nelle coppie e consiste nel regalare all'altro qualcosa che si vorrebbe per sé. Il più classico è il viaggio. Il vostro partner è un dolce agorafobico e voi che volete tanto arrivare a Gennaio abbronzati? Regalategli due biglietti per le Maldive. Esistono anche forme meno invasive come ad esempio elettrodomestici, libri, concerti e cofanetti dei Pooh.
[caption id="attachment_6877" align="aligncenter" width="450"]Il regalo imbarazzante.
Tra qualche settimana la frase rompi ghiaccio e rompi coglioni delle vostre serate sarà "cosa hai ricevuto per natale?". Se la vostra ragazza è così spavalda da regalarvi un set per fumare hascisc cosa risponderete a vostra nonna che ve lo domanda? Quindi assicuratevi almeno di aggiungere un regalo civetta per mascherare la gaffe.
[caption id="attachment_6876" align="aligncenter" width="450"]L'errore.
Spesso non avete colpa ma è comunque bene sondare il terreno con gli amici della persone a cui dovete fare il regalo. I classici errori, in ordine di gravità, sono il regalo doppio, il regalo doppio che gli aveva già fatto il suo ex partner, il regalo doppio che gli ricorda il suo ex partner e il regalo doppio che gli aveva già fatto il suo ex partner solo meno costoso.
[caption id="attachment_6874" align="aligncenter" width="500"]Il regalo allegorico.
Questo è tipico di chi si ritrova alla vigilia senza uno straccio di idea. Per risolvere una situazione drammatica il colpevole punta sull'emotività. Cazzata colossale. Il tentativo viene facilmente smascherato. Riceverete un biglietto pieno di riferimenti poetici alla vostra relazione, foto e oggetti che già possedete che ripercorrono le tappe principali del vostro amore o della vostra amicizia. Alla fine un P.S. in cui si esplicita che Amazon ha ritardato la consegna del pacco.
[caption id="attachment_6875" align="aligncenter" width="500"]Considerato che il lavoro del blogger non è particolarmente redditizio, l'oltreuomo ha deciso di investire altrove. La scelta del settore ci viene suggerita dal paradigmatico caso di Benedetta Parodi. Laureata in lettere diventa conduttrice di studio aperto. Poco dopo i direttori si accorgono che essendo donna, il suo potenziale può realizzarsi pienamente solo nel suo habitat naturale: la cucina. Geneticamente adattata al nuovo contesto, Benedetta sforna (letteralmente) un best seller dopo l'altro. (avremmo allo stesso modo potuto dire "caga" un best seller dopo l'altro. Sempre letteralmente)
Come lei, l'oltreuomo si getta nel famelico mondo della ristorazione. Il mercato esalta i sapori tipici di ogni buco di culo nascosto nella penisola comprese le valli di Comacchio. Solo un fazzoletto di stivale non propone ancora la sua cucina tipica. Per fortuna ci pensiamo noi.
Per natale l'oltreuomo propone un'interessante menù di cucina tipica Vaticana servita nel lussuoso ristorante All'Ultima Cena.
Antipasti.
Capesante.
Cornetti salati alla Giuseppe.
Tagliere ai sette formaggi capitali.
Zucchine ripiene di grazia.
Primi.
Risotto ai chiodini.
Spaghetti ai frutti di mar rosso.
Strozzapreti al pesto Maddalena.
Orecchiette alla San Pietro.
Secondi.
Vitello d'oro.
Sanguinaccio di Cristo.
Balena ripiena alla Giona.
Grigliata alla San Lorenzo.
Gallo che ha cantato tre volte in umido.
Contorni.
Buffett di insalate, patate, verdure di stagione. Al centro del locale saranno predisposte due tavole con i dieci condimenti tra cui l'olio d'ulivo del Getsemani e l'aceto del Golgota.
Dessert.
Ostie e vin santo.
Particole ai frutti di bosco.
Crema di Onan.
Tiramisù alla Lazzaro.
Baci di Giuda.
Vino.
Rosso di Cana.
Per i più affamati proponiamo le formule:
Pani e pesci all you can eat.
Rane come se piovesse.
Autori: Alberto, Beppe, Cliff, Hilding, Mario, Riccardo, Serena e con la partecipazione eccezionale di 'sto cazzo.
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Babbo Natale si calò dal tetto di quella vecchia palazzina anni sessanta per raggiungere il finestrone che dava sull'appartamento dei prossimi due bambini della lista. Ormai di camini ve n'erano sempre meno, perciò per adattarsi alle pareti dei palazzi aveva dovuto iscriversi a un corso di arrampicata sportiva alla palestra pubblica su al Polo Nord, l'attrezzatura non era delle migliori, ma aveva potuto godere della tariffa agevolata per gli anziani. Non che fosse stato mai un gran conservatore, ma provava nostalgia dei bei tempi andati, quando infilandosi nei tunnel affumicati doveva spegnere eventuali fiammelle per non bruciacchiarsi la barba. Si consolava tuttavia con i suoi sosia di plastica che agghindavano le dimore in quegli ultimi anni e ai quali si rivolgeva talvolta con fare amichevole, talvolta prendendoli a pedate o a cazzotti, minacciandoli di morte se gli avessero rubato il mestiere. Che volete farci, era un modo come un altro per non sentire la fatica. Raggiunto il cornicione, scassinò con consueta maestria la serratura della finestra senza lasciare traccia, e come di consueto estrasse il librone dalla sacca per svolgere quella noiosissima prassi burocratica a suo parere completamente inutile ma moralmente indispensabile secondo l'opinione del suo capo. Questa nuova moda di mettere ai figli nomi esotici gli facilitava molto il lavoro rispetto ai tempi dei milioni di “Jack”, di “Mary”, di “Andrea” che lo facevano sempre confondere; così quando cerchiò con la sua biro rossa “Montana” e “Kathmandu” un sorriso fanciullesco gli si disegnò sul volto. Entrò nell'appartamento poggiando entrambi i piedoni sul pavimento di parquet del salotto, fece cadere il sacco dei regali a terra e ne estrasse con sicurezza i doni destinati ai pargoletti. Con la stessa fermezza li pose sotto l'albero, poi, trovato uno sgabello, si sedette qualche secondo per recuperare le forze, senza accorgersi però della presenza di un altro individuo in quella stanza: un omone dallo sguardo stropicciato, sbucato all'improvviso da chi sa dove, che sputava urla e urlava sputi. Per farla breve: era il padrone di casa, il quale insospettito dai rumori non esitò a imbracciare il fucile che adoperava ogni domenica per la pulizia etnica di volatili. Intimatogli di non muoversi chiamò la polizia, che giunta sul posto accompagnò in un batter d'occhi il nostro caro papà Natale al distretto più vicino. Ora, sfortuna vuole che quel paese fosse governato da un partito xenofobo cattoconservatore; potete quindi immaginare con quale animosità questo vecchio panzone senza permesso di soggiorno venne accolto prima dal prefetto e poi dal giudice. Sta di fatto che grazie al rito abbreviato nel giro di diciassette ore fu condannato a undici mesi di reclusione per i reati di violazione di domicilio, tentata rapina e immigrazione clandestina. Fu accusato anche di abuso su minore e pedofilia ma la sacca con i giocattoli non venne considerata abbastanza schiacciante come prova. Il carcere dove venne trasportato si trovava fuori città, un cubo grigiastro con tante piccole finestrelle posato su un boschetto umidiccio che faceva percepire un odore di muschio al solo vederlo. Il vestito rosso fuoco che indossava provocò grida di scherno da parte dei detenuti al suo ingresso, ma Babbo Natale quasi non le percepì, era assorto nei suoi pensieri: come aveva fatto a farsi beccare? In tanti anni nessuno si era mai accorto della sua presenza, in nessuna casa, palazzo o cascina del mondo. Lo slalom tra le elucubrazioni non era ancora finito quando chiusero le sbarre alle sue spalle. Quella che sarebbe stata la sua casa per i mesi a seguire era una stanza umidiccia e claustrofobica, una sola finestrella larga non più di quaranta centimetri illuminava parsimoniosamente l'ambiente, sulla parete destra il letto a castello era ormai in stato di decomposizione. Sulla parte superiore intento a leggere un manualetto che insegnava a riparare motori diesel, era steso il suo compagno di cella. Credo sia il caso di spendere un paio di parole su costui considerato il ruolo che avrà nella storia. Abdel Fattah Aït Hammou, nato e cresciuto in Egitto, era diventato un esperto scassinatore dopo aver attraversato il Mediterraneo. Lui stesso non avrebbe mai immaginato di diventare una sorta di autorità nel campo, quando era adolescente voleva fare il poeta, aveva addirittura imparato l'italiano da autodidatta per poter leggere la Divina Commedia. Figlio unico di madre vedova, vide cambiare la sua vita quando quest'ultima perse la testa per un missionario cattolico che la ingravidò. In poco tempo lei venne lapidata e depredata di tutti i beni, e il caro Abdel fuggì in Europa con i pochi spiccioli che era riuscito a portare con sé. Si sa come vanno queste cose, senza permesso di soggiorno, in un paese straniero, con la fame che ti taglia lo stomaco. Insomma, in breve tempo e senza nemmeno rendersene conto si era trovato una fedina penale lunga così. Perché fare lo spazzino o il carpentiere era troppo alienante per uno come lui, per la sua sensibilità. L'intelligenza che lo caratterizzava rispetto ai ladruncoli che lo avevano iniziato al mestiere gli permise di diventare un professionista dello scasso; ogni volta che si organizzava un colpo grosso in città veniva assoldato, anche solo per fare da consulente. Insomma, aveva trovato il suo posto nel mondo. Ora, a quarant'anni suonati, stava scontando otto anni e sette mesi per rapina a mano armata, solita routine, e con un gancio destro in pieno volto accolse il barbuto Papà Natale nella sua cella. A prima vista potrebbe sembrare un accoglienza un po' brutale. Si trattava invece di un gesto d'affetto, di benvenuto. L'impressione positiva che ebbe fu infatti confermata nei mesi successivi. I due strinsero una forte amicizia: il vecchietto insegnava ad Abdel nuove tecniche di scasso, tecniche che non aveva mai visto seppur fosse un genio in quell'ambito, e Abdel proteggeva il vecchietto dai carcerati che se lo volevano inchiappettare. Si sa, il carcere è l'università del crimine, così a causa della vicinanza del suo nuovo amico e degli altri galeotti, Babbo Natale mutò radicalmente i valori che lo avevano accompagnato per due millenni. Si sviluppò in lui una forte avversione nei confronti delle istituzioni, cominciò a bestemmiare e si fece fare una decina di tatuaggi sparsi un po' ovunque nel suo grosso corpo: Madre Teresa di Calcutta, Jesse James, Steve McQueen condividevano l'addome, Marco Pannella e Giuliano Ferrara le chiappe. Chissà che discorsi li dietro. Così venne il giorno della scarcerazione, Babbo Natale era diviso tra la felicità di tornare libero e l'amarezza di lasciare i compagni carcerati, ma soprattutto lo angosciava il pensiero di non rivedere più Abdel, l'unico vero amico che avesse mai avuto. E poi... ci sarebbe stato ancora un posto per lui là fuori? Venne presto la notte di Natale, così come presto venne la mattina. I giornali e l'informazione nel suo complesso ne ebbero di lavoro quel giorno. Infatti quel Natale sarebbe stato ricordato come il Natale più triste di sempre. Tutte le case, gli appartamenti, i loft, le cascine, le tende, le roulotte, i camper, i trulli, le capanne, gli Igloo, gli attici... insomma, qualsiasi buco abitato nel mondo, non era stato come di consueto riempito di regali e meraviglie bensì svaligiato da cima a fondo. Con un' eccezione. Le prigioni erano state ricoperte di giocattoli. Dalla Nuova Zelanda alle Hawaii quel giorno si potevano vedere i peggiori criminali del mondo rintanati nelle loro celle due per due dilettarsi con trenini elettrici, playstation, automobili telecomandate e tanto altro. Che giornata memorabile fu quella, Abdel ricevette una risma di carta e una splendida penna stilografica per le sue poesie, non senza versare qualche lacrima. Diverse erano sicuramente quelle versate dai “liberi”. Ma si sa, Babbo Natale porta i doni solo ai bambini buoni.
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L'esordio al cinema arriva nel 2014, all'età di 19 anni, quando il regista Jason Reitman lo vuole nella pellicola Men, Women & Children. Un anno più tardi è sui set di Interstellar (regia di Christopher Nolan) e Natale all'improvviso (diretto da Jessie Nelson). La popolarità arriva nel 2017, grazie al film Chiamami col tuo nome: il regista italiano Luca Guadagnino lo sceglie come attore protagonista nel ruolo di Elio Perlman, interpretazione che gli vale la prima candidatura all'Oscar come miglior attore protagonista.
Sempre sotto la direzione di Guadagnino, Timothée Chalamet sarà uno degli attori principali del film Bones and All, pellicola basata sull'omonimo romanzo dell'attrice Camille De Angelis. Inoltre, sarà il protagonista maschile di Wonka (regia di Paul King), film che si configura come prequel per conoscere la vera storia del cioccolatiere più famoso del cinema.
Timothée Chalamet è bilingue. Nato a New York, il giovane attore vanta origini francesi da parte del padre. Fin da piccolo era solito trascorrere insieme ai genitori le sue vacanze estive in Francia, dove ha appreso la lingua. Grazie alla conoscenza del francese, inoltre, l'attore statunitense è riuscito a trovarsi perfettamente a suo agio anche sul set di Chiamiami col tuo nome, per il quale ha dovuto apprendere in poco tempo anche la lingua italiana.
Pochi sanno che Timothée Chalamet vanta un grande talento musicale. Quando ancora studiava al college, quello che sarebbe diventato di lì a breve uno dei migliori attori cinematografici della sua età era solito dilettarsi nella musica rap. Lui stesso, durante un'intervista rilasciata ai mass media, ha raccontato uno spassoso aneddoto al riguardo: durante un'interrogazione di matematica, propose una presentazione di statistica a ritmo musicale, scatenando l'ilarità dei compagni di classe. Non lo stesso, però, si può dire per l'insegnante.
Durante la sua infanzia, Timothée Chalamet aveva manifestato in più di un'occasione il desiderio di diventare un giorno un calciatore professionista. Sogno che iniziò a cullare nelle sue estati in Francia, dove si allenava con una squadra di calcio. Ben presto, però, il piccolo Timothée si rese conto che la sua strada fosse un'altra, tanto da abbandonare immediatamente qualsiasi velleità calcistica, inseguendo invece la strada del cinema. Scelta quantomai azzecata.
Timothée Chalamet ha confessato il suo profondo amore per le interviste, a differenza invece di molti altri suoi colleghi, per i quali i colloqui con i giornalisti rappresentano a volte una vera e propria seccatura. Per l'attore di Chiamiami col tuo nome, le interviste sono come una seduta dello psicologo. In più di un'occasione ha dichiarato che durante un'intervista è solito raccontare la sua esperienza sul set e le tecniche adottate per far arrivare al pubblico quello che lui è realmente. Fino ad oggi ci è riuscito alla grande.
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Loredana ha conosciuto Andy Wharol in America durante il "periodo statunitense" di lei. Curioso è sapere che Andy credeva che la Bertè fosse la barista di un bar. In realtà la cantante andava tutti i giorni in quel locale al punto che ormai era "una di casa". Un giorno lei era posizionata davanti alla macchina del caffè, entrò Wharol, la vide e le chiese un caffè che lei gli fece. Da qui il malinteso. Le Bertè affinò molto il legame con il personaggio e spesso lei cucinava per lui.
La Bertè anni fa fece visita alla Casa Bianca in epoca Bush e si ritrovò circondata da guardie del corpo predisposte appositamente dal governo americano. Il motivo? Visto il carattere eccentrico di Loredana e dei suoi accessori di abbigliamento molto simili ad alcuni mostrati anche da Cicciolina (all'epoca rinomata pornostar), si temeva potesse spogliarsi improvvisamente accanto al Presidente. Sarebbe stata una macchia indelebile per la carriera politica di Bush, ma Loredana non voleva assolutamente compiere quel gesto. La sua eccentricità era la norma.
Come dichiarato dalla stessa Loredana, da oltre 25 anni non è più innamorata. L'ultima vera relazione l'ha avuta con il tennista Borg, con sui si è anche sposata. Nonostante possa sembrare il contrario, lei si dichiara molto fedele una volta che è realmente innamorata di un uomo, il quale però da moltissimi anni manca nella sua vita. Ma a quanto pare non è un problema: Loredana ha detto di star bene così. La storia d'amore con il tennista è stata molto travagliata e spesso anche violenta da parte di entrambi: "Ho commesso un errore perchè con Borg pensavo di farmi una famiglia, ma non è andata così". Queste le sue dichiarazioni.
Non stiamo parlando di cambio di casa, ma del disco di maggior successo di Loredana, arrivato al punto da essere incensato anche dalla rinomata rivista Rolling Stones nel 1982, anno in cui la Bertè vinse il Festivalbar e Vota la Voce. Oggi viene riproposto in versione vinile in special edition. Dall'album, prodotto originariamente da Ivano Fossati, è conosciutissima "Non sono una signora", brano celeberrimo e di grande successo per Loredana.
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Inizia la sua carriera professionale come avvocato associato alla Sidley Austin, dove incontra per la prima volta Barack Obama in occasione di un pranzo di lavoro. Il matrimonio tra i due risale al 1992, dal quale sono nate le figlie Malia Ann e Natasha. Un anno dopo le nozze con il marito, futuro Presidente degli Stati Uniti d'America, Michelle Obama ottenne la carica di direttore esecutivo dell'organizzazione non-profit Public Allies.
Negli anni successivi, complice anche l'ascesa politica di Obama, Michelle entra a far parte della cultura popolare, divenendo una delle principali donne ispiratrici in tutto il mondo (titolo assegnatole dalla rivista Essence nel 2006). Già prima ancora di diventare First Lady, giornali e mass media concordavano come fosse la candidata perfetta grazie alla sua innata eleganza. Prima di iniziare a vivere nella Casa Bianca per otto lunghi anni, Michelle Obama ricoprì l'incarico di vice presidente della Community and External Affairs presso la University of Chicago Hospitals.
Le biografie internazionali di Michelle Obama raccontano un curioso aneddoto. Dopo il pranzo di lavoro nel quale conobbe quello che poi sarebbe diventato suo marito (e non solo), Michelle e Barack Obama scelsero per il loro primo appuntamento di vedere il film Do the Right Thing (in italiano Fai la cosa giusta), pellicola del regista statunitense Spike Lee.
Prima ancora che l'uomo della sua vita diventasse il Presidente degli Stati Uniti d'America, ci fu la sua elezione come senatore. Michelle, insieme al resto della famiglia, in quell'occasione prese una decisione atipica, se confrontata con quella degli altri: infatti, anziché trasferirsi a Washington, scelse di restare fedele alle sue origini mantenendo la propria residenza a Chicago, laddove era nata e le sue figlie stavano crescendo.
In più di un'occasione abbiamo avuto modo di apprezzare Barack Obama come giocatore di pallacanestro. Non che questo sia strano in America, dove il basket è lo sport principale insieme al football. È però quasi certo che a dargli qualche lezione sia stato anche il fratello di Michelle, vale a dire Craig Robinson, coach della squadra di pallacanestro della Oregon State University.
In qualità di moglie del candidato alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, Michelle Obama non ha potuto sottrarsi a prendere parte alla campagna elettorale. Lo ha però fatto mettendo davanti sempre la famiglia, dal momento che decise di presentarsi davanti al pubblico solo due volte alla settimana, così da stare vicina alle due figlie.
Nel 2008, in occasione della Convention del Partito Democratico, Michelle Obama tenne uno dei discorsi più intensi mai ascoltati sul palco del convegno (secondo l'opinionista politico Andrew Sullivan), riaffermando come la loro famiglia fosse l'emblema della materializzazione del sogno americano.
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