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Le mie avventure con la diarrea, 3° episodio: gli sci

Come sapete, qui all’Oltreuomo amiamo la diarrea. Per questo nei giorni scorsi vi abbiamo raccontato un paio di episodi imbarazzanti accaduti proprio a causa della marea di merda che a volte ci attacca senza preavviso e senza pietà. La nostra sincerità ha indotto uno dei nostri lettori a raccontarci anche la sua storia. La riportiamo qui. Se volete condividere anche voi le vostre avventure di merda, scriveteci in privato sulla pagina Facebook, saremo felici di pubblicarle, se non fanno troppo cagare.

diarrea

Dunque:
È successo un paio di anni fa, ma lo ricordo come se fosse ieri. Ero in montagna a sciare con degli amici, una mattina come tante altre, se non che tra una pista e l’altra sento qualcosa che non va. Con la mia classica dose di ottimismo penso “ma si dai è solo una scorreggia, adesso entro in cabinovia, intossico gli altri e proseguo tranquillo”.

E invece no, dentro di me scatta il classico campanello d’allarme. Quindi dico: “Dai rega, fermiamoci in rifugio, ci facciamo un bombardino e torniamo a sciare” sperando così di poter approfittare del bagno. Arrivo, mi fermo, vado in cesso e purtroppo mi rendo conto che non sarebbe stato un semplice “scarico”, una mera formalità come tante altre volte. Preso dal panico (anche perché c’era una coda incredibile) e non volendo essere scoperto, provo a sbrigarmi ma mi accorgo che mi servirebbero almeno due ore e mezzo numero de “La Settimana Enigmistica”.

Sudore freddo, paura, mal di stomaco, e chiaramente quello stimolo al quale non puoi dire di no. Mi rendo conto che non ne uscirò mai ma in quel momento ho un intuizione. Sradico il mega rotolo di carta igienica dal suo supporto e costruisco un pannolone oversize stile lottatore di sumo, esco dal bagno e decido di fare outing con gli amici.”Rega, sto male. Qua devo tornare indietro”. Partono i classici sfottò, ma capiscono il mio disagio. Io decido di tornare all’hotel.

Chiaramente ho avuto troppa fiducia in me stesso, sugli sci (unica maniera di tornare indietro) avevo sottovalutato il problema vento e il problema freddo, con conseguente ripercussione sul mio stomaco. Sono stati i 45 minuti più brutti della vita quelli del rientro lungo la pista, il cui bianco candido rischiava di venire sfregiato da una striscia di merda.

Arrivo in hotel e non vi è tempo per i convenevoli. Prendo la chiave alla reception e, avendo due rampe di scale da percorrere con addosso gli scarponi, decido di rotolare giù (sic. Non sappiamo perché negli hotel frequentati dal nostro lettore le camere siano “giù” e non “su”, ci piace pensare abbia prenotato la suite nel sottoscala), arrivo finalmente in camera e mi libero. Due ore come promesso più Quattro schemi di parole crociate. Tuta da sci incredibilmente intonsa. Grazie alla mia idea del mega pannolone.

Tutto è bene quel che finisce bene

Ragazzi mi raccomando anonimato.

Certo Marco, non ti nomineremo.

 

Leggi il primo episodio delle diarrea (Lo Spogliatoio) e anche il secondo (La Mucca).

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