Lavoro

Le cinque fasi di reazione alla richiesta di presentarsi a un colloquio di lavoro

Dopo gli studi in Svizzera mi sono trasferito negli USA dove ho lavorato per molti anni nelle risorse umane di un importante agenzia di New York.

Dalla mia esperienza con migliaia di candidati desiderosi di ottenere un posto di lavoro ho tratto il libro, Le faremo sapere pubblicato nel 1969, che ha fatto di me una vera autorità sull’argomento. Celebre è la mia definizione delle cinque fasi di reazione alla richiesta di presentarsi al colloquio: diniego, rabbia, negoziazione, depressione, accettazione.

Per non costringervi ad acquistare quel vecchio libro ingiallito nei magazzini di qualche casa editrice, di seguito vi presento nel dettaglio le cinque fasi  succitate. Ricordo anche che le fasi non seguono un ordine prestabilito e possono presentarsi più volte con diversa intensità o non manifestarsi tutte e cinque bensì solo alcune di esse.

In sostanza alcuni di voi potrebbero esperire solo una (o alcune ma non tutte) di queste fasi, magari in maniera molto intensa. Altri potrebbero riconoscere nel loro approccio al colloquio tutte e cinque le fasi ma con un’intensità molto lieve. Ognuno è diverso ma qualcuno è più diverso.

Diniego – Non sta accadendo davvero a me.

Io non ci vado nemmeno

Io non ci vado nemmeno

Il soggetto chiamato al colloquio rifiuta energicamente la possibilità che l’evento sia reale. Il rischio in questa fase è insultare l’addetto alle risorse umane via mail, poiché crede sia uno scherzo di cattivo gusto del suo amico stronzo. Quello che aveva detto che Samantha della 3B lo aspettava sul retro della scuola per dichiarare il suo amore. Ma invece di Samantha c’era quel bidone dell’umido di Jessica a gettarsi tra le sue braccia. E poi, siccome il candidato è buono e incapace di lasciare una ragazza, Jessica l’ha pure sposata.

Rifiutare l’esistenza del colloquio è perfettamente normale. Il candidato in questa fase passa le sue giornate a leggere annunci di lavoro, annotare i suoi pensieri più cupi su una moleskina da 15 euro, mangiare fuori pasto, guardare serie TV, provare nuovi giochini di facebook e qualsiasi altra attività che gli permetta di allontanare il pensiero del colloquio dalla sua mente. Preparerà la presentazione power point richiesta solo una volta uscito da questa fase, di solito la notte prima del colloquio.

Rabbia – Vado a fare il colloquio per un lavoro di merda.

Sa cosa penso del lavoro che mi offrite?

Sa cosa penso del lavoro che mi offrite?

Anche nel cuore del più efferato rivoluzionario, in realtà si nasconde un borghese conservatore preoccupato solo di mantenere lo status quo. Il colloquio minaccia di rivoluzionare per sempre la quotidianità di chi cerca lavoro e per questo motivo diventa un nemico da combattere. Odi il colloquio, odia il lavoro che potrebbe andare a fare, odia la sua vita e se la prendete con chi gli sta accanto.

Negoziazione – Mi chiederanno cose che già so.

Andrà tutto bene

Andrà tutto bene

Pur non essendo una regola, solitamente questa fase si manifesta all’approssimarsi del colloquio quando l’agitazione sale e il candidato immagina scenari di agghiaccianti figure di merda. Non essendosi minimamente preparato all’evento a causa della fase 1 (diniego) teme a ragion veduta di essere inadatto. Anziché mettere in atto comportamenti adattivi, quali ripassare gli argomenti che l’azienda valuterà, il soggetto riflette intensamente su innumerevoli scenari ipotetici. In questa fase il cervello allontana le immagini tragiche operando minuziosamente sul fronte del raziocinio posticcio. La minaccia incombente viene sedata pensando che uno fresco di laurea ne sa sicuramente di più di gente che lavora da vent’anni, che non verranno poste domande nozionistiche bensì generiche e utili ad indagare piuttosto la personalità, che gli esaminatori avranno grossomodo la sua stessa età, che la parlantina non gli manca e che la cosa peggiore che può capitare e che non lo prendano a fare un lavoro di merda (fase 2, rabbia).

Depressione – Se avessi fatto altro.

Non voglio lavorare in banca!

Non voglio lavorare in banca!

L’uomo che non può fuggire da uno stimolo avverso, come il ratto che non trova rifugio perché tutto il fondo della gabbietta è elettrificato, smette di combattere, si arrende e si deprime. L’addio alle armi diventa autocommiserazione. In questa fase il candidato odia la sua vita e la piega che ha preso inaspettatamente. Come potevo sapere che studiando ingegneria informatica mi sarei ritrovato a fare un colloquio per diventare programmatore? Qualsiasi sia l’esito del colloquio non conta più perché tanto la vita è comunque una merda. Sia nel caso in cui riprenda la routine di cercare lavoro, sia nel caso in cui il lavoro cominci. Nessuna redenzione.

Accettazione – Facciamolo e non pensiamoci più.

Sono pronto!

Sono pronto!

Questa fase si presenta con frequenza maggiore la mattina del colloquio, l’ora prima o nel momento in cui il candidato apre la bocca e comincia a presentarsi. L’universo cognitivo del soggetto ormai non ha più margine di manovra ed è costretto a focalizzarsi sull’evento anziché vagare a vanvera. Non ci sono contro pensieri che contraddicono quanto immaginato nelle fasi precedenti, semplicemente non c’è più tempo per dedicarsi all’ipotetico perché state vivendo il momento. Sarà tutto finito prima che l’ipotetico nuovo assunto possa accorgersene.

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