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La fenomenologia dell’inetto ovvero maschi senza coglioni

imagesca1cxuc5Avrete sicuramente sentito parlare in giro della “fenomenologia dell’inettitudine”. Un fenomeno che sta impazzando un po’ ovunque e che presto darà seguito alla pubblicazione di un libro, peraltro attesissimo. L’oltreuomo non poteva affatto sottrarsi a questo contagio,ed è così che ha deciso di illustrarvi i punti fondamentali della ”fenomenologia dell’inettitudine”.
Parlare d’inettitudine è come parlare dell’uomo. Si tratta di un fenomeno sociale che caratterizza la contemporaneità, ma non per questo si esclude la sua presenza in tempi passati.

L’inettitudine è come il daltonismo. Si manifesta esclusivamente negli individui di sesso maschile. Un po’ come la calvizie e la prostata. Ovviamente, non negli esemplari maschi omosessuali.

Gli individui di genere XY (già geneticamente carenti nonché deficitari, dal latino deficièntem, mancante, imperfetto, scarso al bisogno) tendono con una certa frequenza a eludere situazioni che li pongono davanti a scelte importanti. Fuga è infatti una delle parole chiave di questa particolare dinamica che affligge la nostra società. Nel momento in cui l’individuo maschio si trova costretto a prendere una posizione ecco che s’immobilizza, come preda di una torpedine socratica o di un cagotto fulminante che gli impedisce di muoversi se non evacuando al contempo le proprie deiezioni.

Le tre tipologie generali dell’individuo inetto sono la passività, la paura e l’infelicità. Vediamole più nel dettaglio.

La passività è il tipico atteggiamento dell’omuncolo maschio che, affascinato dall’esemplare di genere femminile, non riesce a compiere alcun tipo di funzione vitale se non rispondere positivamente a un’eventuale quantomeno improbabile stupro da parte di lei. Il passivo aspetta. Non si sa che cazzo abbia in testa, ma lui aspetta, assente dal mondo e privo di alcun tipo di utilità sociale. Il passivo indossa generalmente delle tute della lotto o dell’adidas fabbricate negli anni ottanta, di colore rosso o beige, possibilmente di pail e con la zip. I suoi calzini non si distinguono dalla biancheria intima che possiede, sono marroni, bucati e pieni di peli. Le scarpe, quando le ha, sono bucate anch’esse e i lacci mangiati da lui stesso. Ha, generalmente, pochi capelli distribuiti nella parte sinistra dell’emisfero cerebrale. E’ brutto, però affascina le donne per contrasto, si pensa sia tenero e coccolone, in realtà è solo un amorfo.

Il pauroso è molto più complesso del passivo. Egli passa le sue giornate a pensare, o a calcolare. Conta il numero degli scontrini che ha nel portafoglio, conta il numero di ordini fatti su amazon, conta quanto impiegherà per percorrere a carponi la Parigi-Dakar, conta le papere lungo la strada. Non è necessariamente un matematico ma a lui piace contare, elaborare, estrarre.

Il pauroso pensa molto, ma non fa mai nulla. A parte mangiarsi le unghie. Crede che la donna serva a svolgere funzioni quali pulirgli il culo se si caga addosso, stirargli i baffi, lucidargli il cranio, cucirgli le casacche del calcetto, capirlo, ascoltarlo, stimarlo. Ha però timore di ogni cosa, è sempre in guardia, vuole scovare tradimenti e sotterfugi, crede di essere il tenente Colombo, e infatti lo è, grasso e ubriaco. Indossa impermeabili lunghi grigi, ma sotto porta tutt’al più un pigiama o è nudo. I capelli sono lunghi e unti, li ha lasciati crescere credendo di acquistare sicurezza in se stesso ma quando deve alzarsi per pagare il conto non ce la fa e si deve far accompagnare in braccio. Non mangia e conta le calorie. Ha paura d’ingrassare. Ha pochi amici, soprattutto tra i passivi, che non fanno nulla, scs scs scs.

Infine, l’infelice. Forse uno dei più gettonati tra le donne, quello che ha il fascino di Kurt Cobain, ma che non avrebbe mai le palle per uccidersi (anche se porta sempre con sé un fucile carico). L’infelice si lamenta, si piange addosso, critica gli altri, gli dà fastidio qualsiasi cosa, frequenta i night club con spogliarelli, ha quasi sempre un due motori e lavora, ha soldi, una buona famiglia, un cane, un gatto, una casa di proprietà, una lampada, una babysitter, le pizze, l’alcol, i bagni nel mare, l’umanità. Lui è triste e va compianto. Prende psicofarmaci.

L’infelice porta camicie a quadretti da boscaiolo, barba incolta, occhiali con montatura scura e visibile. Ha i capelli corti. Ogni tanto porta la sua donna in vacanza o a fare un pic nic al lago, ma si dimentica di essere con lei e tenta il suicidio incastrandosi nel motore dei pedalò. Puzza. A volte ha le lentiggini.

maschi senza coglioni – Dacia

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