Le Oltre favole

Cosa pensare nei pomeriggi d’autunno

Certe volte mi guardo alle spalle, verso gli anni migliori della mia vita, e trovo quel poco di buono che ho saputo costruire. Una laurea, lavoretti da pochi soldi ma grande umanità, una manciata di amori.

autunno

Altre volte invece mi guardo alle spalle e trovo solo macerie. Tipo una laurea, lavoretti di grande umanità ma pochi soldi, una manciata di amori.

Altre volte ancora mi guardo alle spalle e vedo una faccia amica, qualcuno che voleva solo proteggermi, darmi saggi consigli e accogliermi in un gruppo. Ammetto che fu un periodo piacevole. Ma dopo quella messa nera non so se li frequenterò ancora.

Impossibile sfuggire all’effetto meditabondo dell’autunno. Gli alberi trasudano malinconia, le foglie morte vagano raminghe nel vento, per ricordarci la nostra finitezza. Certo che mia madre non ha il minimo pollice verde eppure continua a riempire il pianerottolo di ficus.

D’altronde non è forse così la vita stessa, un continuo perdersi nel vento, lungo strade sconosciute, toccando ad ogni bivio l’illusione di avercela fatta e che quel momento di perfezione non svanirà? Al limite, qualche volta, le strade possono incrociarsi per poco tempo. So benissimo che i miei sforzi per non dividersi e fermare tutto così com’è sono insensati, sarebbe come opporsi alla gravità. E so benissimo che cercare un appiglio nel mio passato non mi aiuterà a proseguire il viaggio.

Deve essere una cosa di famiglia, ricordo che anche mio zio era un tipo del genere. Uno molto serio, che si attaccava troppo alle situazioni ecco. Quante volte gli hanno ripetuto di prenderla con più leggerezza, di lasciarsi andare un po’. E un giorno lui, proprio lui che era sempre stato così dannatamente riflessivo, decise di farlo senza pensarci due volte. Fu la sua ultima lezione di freeclimbing. Peccato, il suo abbonamento valeva ancora un mese.

Il punto è che dovrei essere più istintivo. Buttarmi a bomba nel mare dell’incertezza e agire senza paura del fallimento o della congestione. Penso a tutte le storie mai sbocciate per colpa di questo freno a mano interiore, per esempio a scuola. Non amo che le caccole che non colsi, diceva il mio compagno di banco col debito in italiano. Quante ragazze giuste che potevano accompagnarmi verso un lieto fine mi sono lasciato sfuggire?

Giulia era focosa, mi colpì sin dalla prima occhiata in classe. Lanciò un compasso e mi prese sulla tempia, giusto per farmi capire di non guardarla una seconda volta. Provai a segnalare l’aggressione al prof, ma mi disse di smetterla e che era tutto in regola: l’alunna aveva il materiale richiesto per l’ora di geometria.

Daniela invece aveva un animo più tranquillo. Ci frequentammo per un bel po’, il nostro rapporto cresceva ogni giorno. E poi il fulmine a ciel sereno. “Non posso più vederti!” così disse. Una reazione veramente esagerata. Passai tutto il pomeriggio a chiedermi dove sbagliai mentre lei cercava gli occhiali e me lo chiedo tuttora.

Alla fine la morale è sempre quella: cadere, dimenticare e rialzarsi, nella pioggia e controvento.  Jim Morrison diceva che nei momenti più duri non serve bruciare il libro della propria vita. Basta voltare pagina e iniziare un nuovo capitolo. Facile dirlo quando muori prima di leggere Moccia.

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